Agguato in pizzeria, 7 anni a esponente del commando

Agguato in pizzeria, 7 anni a esponente del commando
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Mercoledì 7 Febbraio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 23:16
Sette anni di reclusione per l’incursione armata in un ristorante della litoranea jonico-salentina, in cui fu ferito a colpi di pistola Gregorio Cicala, nome “pesante” nel panorama malavitoso tarantino.
È la sentenza emessa dal tribunale in composizione monocratica (giudice dottoressa Fulvia Misserini) nei confronti di Giulio De Biaso, 28enne tarantino.
L’uomo è accusato di aver fatto parte del commando che nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 2016 prese d’assaltato il ristorante «Mille e una notte-Al giardinetto».
L’episodio, secondo l’accusa, si materializzò in una rapina al titolare dell’epoca, Seyed Rahim Banishoeib, ma in realtà l’obiettivo degli aggressori sarebbe stato quello di lanciare un avvertimento proprio a Gregorio Cicala.
Lunedì sera, il tribunale monocratico ha mandato in archivio il primo grado del processo nei confronti di Giulio De Biaso (assistito dall’avvocato Maria Letizia Serra), che rispondeva di una serie di reati, non ultimo quello di lesioni.
Per la cronaca, l’episodio incriminato di quasi due anni fa, proponeva altri presunti partecipanti nell’ambito dell’inchiesta diretta dal pm dottoressa Ida Perrone.
Sott’accusa figuravano altre due persone. Egidio De Biaso, fratello dell’imputato condannato a 7 anni, è stato già giudicato e condannato (a 10 anni di reclusione) nell’ambito del procedimento “Città nostra” definito con il rito abbreviato.
Nella qualità di mandante della spedizione punitiva, è stato invece giudicato Nico Pascali, condannato anche per altri reati a una pena complessiva di oltre tredici anni di reclusione.
Secondo quanto emerso dall’indagine condotta a suo tempo dalla Squadra Mobile, il gruppo legato a Pascali, a sua volta alleato con il clan guidato da Mimmo Di Pierro, era intenzionato a punire Cicala per alcuni “sgarri”.
 
Nelle motivazioni della sentenza «Città nostra» si legge infatti che «sia dalle modalità con cui è stata svolta, e soprattutto grazie al contenuto delle conversazioni intercettate, emerge che dietro alla rapina si celasse una vera e propria spedizione punitiva per questioni passate, tanto nei confronti del Banishoeib, quanto del Cicala, che oltretutto aveva anche violato il divieto, posto dal Pascali, di recarsi presso il locale del Banishoeib stesso, perché da questi “controllato”».
Come si ricorderà, Giulio De Biaso fu arrestato nella immediatezza dell’episodio incriminato dai militari dell’Arma, mentre Egidio De Biaso e Pascali furono arrestati all’alba del 21 giugno 2016 nel maxi-blitz che avrebbe svelato le potenzialità del presunto gruppo legato a Di Pierro.
D’altra parte, «le conversazioni intercettate nei giorni seguenti – aveva scritto il gup nelle motivazioni della sentenza – all’interno dell’abitazione del Di Pierro, hanno fornito la prova dello svolgimento dei fatti e della responsabilità degli imputati Pascali Nicola e De Biaso Egidio, fratello di Giulio, quest’ultimo arrestato pochi minuti dopo il fatto».
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