Discariche e tangenti: torna in libertà l'ex presidente della Provincia, Tamburrano

Discariche e tangenti: torna in libertà l'ex presidente della Provincia, Tamburrano
di Francesco CASULA
3 Minuti di Lettura
Lunedì 1 Giugno 2020, 21:13
E' tornato in libertà Martino Tamburrano, l’ex presidente della Provincia di Taranto arrestato a marzo dello scorso anno insieme al dirigente Lorenzo Natile e gli imprenditori Pasquale Lonoce e Roberto Natalino Venuto per il giro di mazzette versate dalla società di Venuti in favore di Tamburrano tramite l’imprenditore di San Marzano, Lonoce. 

Il tribunale di Taranto ha infatti revocato gli arresti domiciliari nei confronti dei 4 imputati accogliendo la richiesta presentata dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone e dal sostituto Enrico Bruschi che hanno chiesto e ottenuto l’obbligo di dimora per tutti. I quattro erano finiti in carcere a marzo dello scorso anno e dopo alcuni mesi avevano ottenuto gli arresti domiciliari: dopo quasi 15 mesi tra carcere e domiciliari, quindi, i quattro hanno ottenuto nuovamente la libertà seppure con le limitazioni legate alla nuova misura che prevede di non allontanarsi dal comune nel quale abitualmente vivono. È stata la procura, come detto, a chiedere la sostituzione della misura spiegando che le esigenze cautelari si sono attenuate per il buon comportamento dimostrato in questi mesi dai quattro e anche per l’avvenuta esecuzione lo scorso 7 maggio del sequestro da 28 milioni di euro eseguito dai finanzieri. 

Le fiamme gialle, guidate dal tenente colonnello Marco Antonucci, hanno infatti bloccato numerosi beni dopo aver ricostruito la montagna di denaro incassata dalla società «Linea Ambiente» che aveva ottenuto l’ampliamento della discarica Torre Caprarica attraverso l’accordo illecito raggiunto, secondo la procura, dal suo dirigente Roberto Natalino Venuti con Tamburrano e l’intermediazione di Lonoce. Per il procuratore aggiunto Maurizio Carbone e il sostituto Enrico Bruschi, Venuti avrebbe versato 5mila euro al mese all’ex presidente berlusconiano che, per favorire la società, avrebbe ribaltato il parere negativo del comitato tecnico scientifico ottenendo l’ampliamento della discarica che garantiva all’impresa entrate per circa 1 milione di euro al mese: nel periodo di gestione dell’impianto, quindi, la società Linea Ambiente avrebbe ottenuto un ricavo di ben 26 milioni di euro. Altri 2 milioni di euro, invece, sono stati sequestrati alla società gestite di fatto dall’imprenditore tarantino Lonoce: per l’accusa, le società di quest’ultimo presentavano a Linea ambiente fatture gonfiate, per operazioni talvolta inesistenti, necessarie per creare i fondi neri che consentivano il pagamento delle mazzette. 

Intanto nel processo ha fatto regisitrare uno stop: due giudici del collegio giudicante sono stati trasferiti perché destinati ad altri incarichi e così dall’udienza di ieri si è registrato non solo un nulla di fatto, ma anche la chiarezza che con l’arrivo di due nuovi magistrati i tempi per arrivare a una sentenza potrebbero allungarsi. La procedura, infatti, prevede ora la possibilità di rinnovare gli atti prodotti finora e per le difese la facoltà di sollevare nuove eccezioni rispetto alle prove depositate. Ipotesi sulle quali il nuovo collegio si esprimerà nella prossima udienza, in cui in aula è prevista anche la deposizione del perito nominato dal tribunale per la trascrizione delle intercettazioni raccolte dai finanzieri durante le indagini che svelarono i rapporti illeciti che ruotavano intorno all’affare Torre Caprarica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA