Stalker in gonnella, condannata a pagare un euro

Il tribunale di Taranto
Il tribunale di Taranto
2 Minuti di Lettura
Lunedì 18 Marzo 2019, 08:57 - Ultimo aggiornamento: 08:58
Vessazioni, appostamenti, inseguimenti, in aggiunta a messaggi e a una presenza che si era fatta ingombrante, assillante e minacciosa.
Sino a quando la vittima non aveva trovato la forza di dire basta e di denunciare le condotte persecutorie alla magistratura. La storia è una delle tante, come quelle che hanno purtroppo intasato gli uffici e i fascicoli della procura e le aule del tribunale.
Questa volta, però, la vittima non è stata una donna e l'aguzzino non era un uomo.
La storia, singolare, è invece quella di un tarantino, che lavorava in una struttura ricettiva del capoluogo jonico, inseguito da una giovane di 28 anni.
E risiede proprio nel sesso dei protagonisti la singolarità della vicenda, che è sbarcata all'esame del giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Taranto dottoressa Paola Rosalia Incalza.
Sott'accusa, appunto, una giovane tarantina, imputata di atti persecutori «per aver con condotte reiterate minacciato e molestato» un amico tarantino, «in modo da cagionare allo stesso un perdurante e grave stato di ansia e di paura, ingenerando anche il timore per la propria incolumità, inducendolo a cambiare le abitudini di vita».
La donna è stata condannata dal giudice della preliminare ad otto mesi di reclusione. L'imputata ha ottenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena e quello della non menzione.
Peraltro, il giudice, come richiesto dalla parte civile, ha condannato la donna al pagamento di un risarcimento dei danni simbolico: un euro.
Tanto aveva chiesto infatti la vittima, rappresentato in giudizio dall'avvocato Armando De Leonardo.
Il coacervo di accuse che gravava sull'imputata era stato sintetizzato dal sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Antonella De Luca, che si era soffermata sulla serie di denunce della parte offesa, delegando l'attività investigativa ai funzionari della polizia giudiziaria.
Alla fine, il quadro che ne era scaturito, era stato quello di una sorta di mantide che, dopo aver conosciuto l'uomo sul social network Facebook avrebbe dato vita ad una serie di condotte opprimenti. Le condotte, che sarebbero cominciate nel gennaio 2016 e sarebbero andate avanti sino al marzo 2018, sarebbero state tali da azzerare la tolleranza e la vanità di qualsiasi soggetto. Come nel caso in questione.
Fra le circostanze riassunte nella contestazione formulata dalla procura, da annoverare gli appostamenti nei luoghi frequentati dall'uomo; l'invio di numerosissimi messaggi sul cellulare della vittima e, infine, le incursioni nell'abitazione e sul posto di lavoro.
Una situazione, questa, talmente insopportabile che la donna era stata sottoposta a suo tempo alla misura cautelare del divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dall'ex spasimante.
Misura, in ogni caso, revocata con sentenza dalla dottoressa Incalza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA