Due nuove proposte di acquisto: spiraglio per l’impresa Albini nel Tarantino

L'ex stabilimento Albini di Mottola
L'ex stabilimento Albini di Mottola
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 10 Marzo 2023, 05:00

Si riapre uno spiraglio per l’ex azienda tessile Albini di Mottola in provincia di Taranto che l’omonimo gruppo di Bergamo ha dismesso da tempo mentre i lavoratori, nel frattempo scesi a 98, saranno in cassa integrazione sino a fine anno. 

L'incontro a Bari


Ci sono due imprese che si sono fatte avanti per rilevare gli impianti e il personale di Mottola. Hanno avanzato altrettante offerte, per ora non vincolanti. Ci sarebbe poi una terza proposta, rimasta però come manifestazione di interesse. 
Lo ha comunicato ieri ai sindacati, nel vertice alla task force della Regione Puglia, l’amministratore delegato di Albini, Fabio Tamburini. Venuto meno nei mesi scorsi l’interesse della Motion Italia, che pure aveva annunciato un contratto di sviluppo col Mise per reindustrializzare il sito con la produzione di dispositivi per la regolazione della seduta di poltrone e divani, Albini ha reincaricato la società di scouting Vertus di trovare nuove imprese disposte a farsi carico dello stabilimento del Tarantino. E la nuova ricerca ha sortito degli esiti. Un’azienda opera in un settore complementare al tessile, l’altra, invece, appartiene ad un comparto diverso. Non sono stati forniti i nomi delle due società, né altri particolari sui loro piani, perché la trattativa è in corso e deve perfezionarsi. 

La task force regionale


«L’ad Tamburini - dichiara a Quotidiano Leo Caroli, capo della task force regionale - si è detto ottimista. Sono arrivate più offerte, due non vincolanti ed una terza è per ora sullo sfondo». Quotidiano apprende che una delle due aziende in corsa avrebbe anche incontrato Caroli per un primo scambio di vedute. «Offerta non vincolante - spiega Caroli - significa che il prezzo di acquisto è soggetto a negoziato e che ora si apre una trattativa. Siamo in presenza di un fatto nuovo. E pur con tutta le cautela e le prudenza che ci impone la situazione, non possiamo non considerare questa novità. Che io considero un passo avanti, un punto di svolta. Tamburini conta di chiudere a giugno, vedremo gli sviluppi. Intanto come task force regionale abbiamo messo in programma per la prima decade di maggio una nuova riunione su Albini. Verificheremo a che punto si è arrivati nel negoziato tra le parti più direttamente interessate alla cessione del sito e decideremo i passi conseguenti» rileva Caroli.

Che annuncia che i corsi di riqualificazione messi in campo dalla Regione per i cassintegrati a zero ore, con avvio ad aprile e pagamento di un’indennità di corso di 6 euro l’ora (210 le ore di formazione procapite divise in tre moduli da 70 ciascuno), oltre al personale dipendente di Ilva in amministrazione straordinaria, potranno coinvolgere anche gli ex Albini.

Le dichiarazioni dei sindacati


«Dopo la doccia fredda presa con Motion, è evidente che non ci entusiasmiamo difronte all’annuncio che ci sono nuovi pretendenti per il sito di Albini - dice a Quotidiano Francesco Bardinella, segretario Fillea Cgil -. Restiamo in attesa, vigili, e non potrebbe essere diversamente. Anche perché le offerte non vincolanti sono in fase di verifica. Si tratta delle due aziende che a dicembre avevano avanzato una manifestazione di interesse. Abbiamo chiesto ad Albini se le due offerte prevedono il riassorbimento di tutti i lavoratori e l’azienda ci ha detto che questa è una delle condizioni poste. È positivo ma è chiaro che vogliamo vedere poi nel concreto le cose».
Marcello De Marco, segretario Femca Cisl, dichiara a Quotidiano che «Albini ora sta valutando le due offerte. Chiusa questa fase, speriamo positivamente, si passerà all’offerta vincolante per poi approdare alla presentazione del piano industriale e all’apertura della trattativa di merito. Abbiamo chiesto di accelerare. L’ad Tamburini ha detto che entro giugno contano di definire, ma poi restano altri sei mesi di cassa integrazione. E non vorremmo arrivare a ridosso della fine della cassa. A dicembre, nella malaugurata ipotesi di nessuna via d’uscita, i lavoratori ex Albini sarebbero licenziati essendo esauriti tutti gli ammortizzatori sociali - prosegue De Marco -. Solo in caso di subentro di una nuova azienda, si potrebbe aprire un nuovo discorso di cassa collegato alla ristrutturazione e alla ripartenza del sito. La forza lavoro, intanto, si sta prosciugando. Siamo a meno di 100 unità ora perché una decina, con l’accordo fatto nei mesi scorsi, a gennaio si sono licenziati con l’esodo agevolato percependo 14mila euro lordi. A maggio-giugno si calcolano altre dieci uscite e in questo caso i lavoratori percepiranno 10mila euro lordi perché l’accompagnamento all’esodo è a scalare, cioè decresce in relazione al numero di mesi che resti in azienda, seppure in cassa, sino a dicembre prossimo».

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