Smontaggio dei lidi: il Tar dà ragione ai titolari. Ma a Taranto gli imprenditori preferiscono non rischiare

San Pietro in Bevagna: del lido non c'è più traccia
San Pietro in Bevagna: del lido non c'è più traccia
di Nazareno DINOI
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Lunedì 1 Novembre 2021, 05:00

Il pronunciamento del Tribunale Amministrativo Regionale di Lecce che l’altro ieri ha dato ragione al titolare di uno stabilimento balneare di Porto Cesareo sul mantenimento della struttura per tutto l’anno, non meraviglia gli addetti ai lavori di Taranto che operano nel versante tarantino della costa jonica.

I motivi


«Non è certo una novità e non ci copre dal rischio di un sequestro dei lidi per liberare i quali dai sigilli dovremmo intraprendere rischiose e costose strade giudiziarie». È il parere di Stefano Rucco, imprenditore leccese titolare del «Momà» di San Pietro in Bevagna, marina di Manduria, che da pochi giorni ha liberato l’arenile avuto in concessione ma solo sino al 31 ottobre. 
Un monta e smonta che ogni anno comporta notevoli investimenti e aumenta l’usura delle attrezzature. «Nonostante decine di sentenze dei tribunali amministrativi regionali confermate dal Consiglio di Stato e malgrado le leggi regionali e piani comunali delle coste che permettono agli stabilimenti di non smontare ogni volta tutto - fa sapere l’imprenditore - noi imprese siamo ancora ostaggio dei permessi che in fase di istruttoria ci vengono concessi ma con il vincolo della amovibilità». 
Questo cavillo espone gli stabilimenti a sanzioni con conseguente sequestro dei beni.

A meno che non si percorra la stessa strada del ricorso al Tar come hanno già fatto decine di imprese salentine, ottenendo tutte la vittoria, ultima l’impresa del Bahia del Sol di Porto Cesareo. «Perché appellarci alla giustizia amministrativa quando basterebbe più flessibilità in fase istruttoria liberandoci da quel vincolo dello smontaggio che tra l’altro ci viene invece affrancato da leggi e strumenti urbanistici dei comuni?», chiede Rucco che fa un’analisi dei costi di questa incongruenza. 

I costi


«Per smontare, lasciare in deposito e rimontare uno stabilimento balneare, occorre una spesa uguale a quella necessaria per costruire un appartamentino; tutti costi che non possiamo caricarci solo noi», ammette l’imprenditore del «Momà» che spiega così i continui aumenti di un ombrellone. «Ai nostri clienti che ogni anno si lamentano dei prezzi, spieghiamo proprio questo; problemi che non hanno i nostri colleghi di altre regioni italiane», afferma con rammarico l’imprenditore leccese che ha voluto investire sulle coste del litorale tarantino.

La costa jonica

Su tutta la costa da Ginosa marina a Torre Colimena, non ci sono stabilimenti che hanno ottenuto il permesso di lasciare d’inverno le strutture più complesse da smontare perché nessuno di loro si è appellato al Tar. Nel Leccese sono invece una trentina le società che per non smontare hanno dovuto farsi carico di un ricorso amministrativo.
È invece comune a tutte le imprese, la questione delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali contro le quali si è opposto il Garante della concorrenza ed anche il Comune di Lecce favorevoli, invece, alle licenze concesse sulla base di bandi di evidenza pubblica. 
Su questo gli imprenditori balneari sono in attesa della sentenza della Plenaria del Consiglio di Stato che si dovrà esprimere su questo.  

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