Sanità, la proposta di Pelillo sul nuovo Ospedale San Cataldo divide le parti

Sanità, la proposta di Pelillo sul nuovo Ospedale San Cataldo divide le parti
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 22 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:34

La necessità di modificare in parte il progetto del nuovo ospedale San Cataldo, prevedendo una volumetria per ospitare le attività dell’Università, espressa ieri in una intervista a Quotidiano da Michele Pelillo, commissario dell’istituenda Azienda ospedaliera San Cataldo, trova a stretto giro il consenso della politica, dell’Ordine delle professioni infermieristiche ma incontra anche il dissenso della Cgil. Intervento “condivisibile” lo definisce Pierpaolo Volpe, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche, in una nota inviata allo stesso Pelillo, al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e al sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci.

Le dichiarazioni di Pelillo

Cosa ha dichiarato sul punto Pelillo? “Ritoccare il progetto per prevedere una nuova volumetria per ospitare l’Università.

Può sembrare strano ma si è agito in fretta per acquistare dalla Banca d’Italia la sede dismessa in piazza Ebalia e non si è tenuto presente che la facoltà di Medicina deve stare attaccata all’ospedale. Invece qui abbiamo la facoltà a piazza Ebalia, distante chilometri dal San Cataldo. Un altro particolare, questo, trascurato”. E a proposito dell’individuazione della volumetria necessaria, Pelillo ha spiegato: “Non è complesso trovarla, c’è uno studio di fattibilità e si è abbastanza avanti. Ma sono cose che potevano essere programmate nel passato”.

Le reazioni

Le reazioni ora. “Nutrendo molte speranze e aspettative nell’opera San Cataldo, anche in termini di ridurre la migrazione sanitaria”, Volpe chiede “una attenzione particolare al problema della formazione universitaria e nello specifico sui corsi di laurea nelle professioni sanitarie”. Secondo Volpe, “l’Azienda ospedaliera San Cataldo deve diventare un vero polo universitario che deve accogliere non solo il corso di laurea in medicina e chirurgia, ma anche i corsi nelle professioni sanitarie. Sono a tutti note le difficoltà che insistono nei corsi di laurea nelle professioni sanitarie, sede decentrata di Taranto, da quella logistica a quella strutturale, con specifico riferimento ai requisiti di accreditamento dei corsi di laurea”. “Appare singolare come in un’opera così sontuosa non sia incluso nel progetto una sala convegni-congressi, indispensabile per una Azienda ospedaliera universitaria” conclude Volpe.

Anche Mino Borraccino, consigliere del presidente Emiliano per l’attuazione del Piano Taranto, condivide quanto dichiarato da Pelillo a Quotidiano circa la “necessità di rivedere in parte la progettualità della Azienda ospedaliera San Cataldo per realizzare, nella costruenda struttura, un polo universitario necessario per Taranto”. Il San Cataldo, sostiene Borraccino, diverrà “polo universitario ed in tale direzione accoglierà non solo il corso di laurea in medicina e chirurgia, ma anche i corsi di laurea delle professioni sanitarie”. “Le ragazze ed i ragazzi del corso di laurea in infermieristica e delle altre professioni sanitarie - aggiunge Borraccino - hanno pari dignità rispetto ai colleghi studenti del corso di laurea in medicina. Non ci saranno dunque differenze di trattamento come anche opportunamente auspicato dal presidente provinciale dell’Ordine delle professioni infermieristiche, Pierpaolo Volpe, rappresentante di circa 4mila infermieri iscritti”.

Manifesta invece critiche su quanto detto da Pelillo, Mino Bellanova, della Cgil Funzione pubblica, con un post polemico su Fb. “E adesso che ci stiamo inventando? Varianti di progetto, richiesta di nuovi soldi, pastoie burocratiche e tempi che si allungano?” chiede Bellanova. Per l’esponente Cgil, “chi ha memoria sa bene che il progetto San Cataldo nasceva e veniva approvato in forma clinicizzata prevedendo il rapporto con l’Università. È tutto nella rete. Anche sui giornali delle epoche - marca Bellanova - in cui ci si faceva campagne elettorali a ripetizione sempre con gli stessi soldi e con lo stesso ospedale. Anche quando si chiamava San Raffaele”.

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