Scintille tra Acciaierie d’Italia e Dri d’Italia, nuovo scontro tra Mittal (privato) e Invitalia (pubblico) e, soprattutto, nubi sulla costruzione dell’impianto del preridotto di ferro all’interno dell’ex Ilva.
La lettera
Acciaierie d’Italia chiede di effettuarne direttamente, al posto di Dri d’Italia, costruzione e gestione. Nello specifico AdI chiede che “si giunga a definire un assetto che deleghi la realizzazione dell’impianto Drp (preridotto - ndc) ad AdI prima ancora della sua gestione, ovvero a chi ne ha le capacità tecniche ed operative, oltre che la responsabilità gestionale dello stabilimento in cui l’impianto dovrà insistere ed in particolare del forno Saf (forno elettrico - ndc) con cui l’impianto dovrà essere integrato”. La richiesta è in una lettera che l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, ha spedito al ministro degli Affari europei, coesione e Pnrr, Raffaele Fitto e al capo di gabinetto del ministro delle Imprese, Adolfo Urso (Federico Eichberg). Ma destinatari della missiva sono anche l’amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella, i vertici di Dri d’Italia, il presidente Franco Bernabè e l’ad Stefano Cao, e i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria.
Dri d’Italia è la società pubblica, controllata da Invitalia, che si sta occupando dell’impianto del preridotto. Quest’ultimo è un materiale che viene caricato nel forno elettrico al posto del rottame di ferro. Come ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente Bernabè (che ha una doppia presidenza: Dri d’Italia e Acciaierie d’Italia), Dri d’Italia a luglio effettuerà la scelta tra le due tecnologie in campo e a settembre l’assegnazione del contratto. Che riguarderà il primo modulo dell’impianto (capacità circa 2,5 milioni di tonnellate all’anno), destinato esclusivamente ad AdI e già finanziato con un miliardo del Pnrr col decreto Aiuti Ter. Inoltre, Dri d’Italia costruirà anche un secondo impianto di preridotto per i siderurgici privati, con la stessa capacità produttiva del primo. Ma per il modulo “gemello” non ci sono ancora le risorse. Ora Acciaierie d’Italia vuole inserirsi direttamente in partita. Almeno in quella che più direttamente la riguarda.
“Nessuno più di AdI - scrive Morselli - ha l’obiettivo di realizzare tempestivamente la decarbonizzazione del processo produttivo di acciaio primario presso lo stabilimento di Taranto che gestisce dal novembre 2018, anche tramite la costruzione dell’impianto Drp, poiché nessuno più di AdI patisce le conseguenze principali dei ritardi accumulati nella definizione del progetto che è necessario per poter alimentare il proprio forno elettrico Saf. È per questo - rileva Morselli - che AdI si è ripetutamente permessa di ricordare che la realizzazione e la successiva gestione tecnicamente efficace ed economicamente efficiente dell’impianto Drp richiedono il diretto coinvolgimento del gestore dello stabilimento, che è il solo ad avere l’esperienza e le conoscenze tecniche ed operative necessarie alla corretta definizione ed organizzazione del progetto”. E a Dri d’Italia che in una lettera ha dichiarato che un impianto del genere “richiede una stretta cooperazione tecnico-logistica tra tutti gli attori a vario titolo coinvolti”, AdI adesso replica affermando come “Dri si smentisca nei fatti continuando pervicacemente a rifiutarsi di condividere con AdI la propria relazione tecnica sul progetto nonostante l’abbia da tempo trasmessa ad Ilva”. AdI, inoltre, accusa Dri del tentativo “di addossare ad altri le proprie responsabilità” e dice che il gestore del siderurgico è impossibilitato a fornire una “puntuale indicazione” delle aree interessate al preridotto a causa della “non conoscenza della relazione tecnica di Dri”.
Diverse le contestazioni che muove l’ad Morselli (che firma la lettera di quattro pagine insieme a Fabio Giuseppe Montin, direttore degli affari legali e societari di AdI).
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