Porto di Taranto, rifiuti per i dragaggi tombati in una cava e non smaltiti: sequestro da oltre 1 milione di euro

Al Molo San Cataldo sarebbero stati tombati anziché seguire la procedura di smaltimento che impone la legge

Porto di Taranto, rifiuti per i dragaggi tombati in una cava e non smaltiti: sequestro da oltre 1 milione di euro
Porto di Taranto, rifiuti per i dragaggi tombati in una cava e non smaltiti: sequestro da oltre 1 milione di euro
3 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Maggio 2023, 15:12 - Ultimo aggiornamento: 26 Maggio, 13:32

L'accusa è pesante e scoppia una grana al porto di Taranto: i rifiuti per i dragaggi del Molo San Cataldo di Taranto sarebbero stati tombati in una cava anziché seguire la procedura di smaltimento che impone la legge. Del caso se ne occupa la Direzione distrettuale antimafia di Lecce: è stato notificato un decreto di sequestro da 1 milione di euro nei confronti di tre società: «Rcm Costruzioni», «Parascandolo» e della «Sia».

L'ordinanza e la nota della capitaneria

Nelle 28 pagine di ordinanza, lo schema sarebbe stato il seguente: la prima società produceva i rifiuti, la seconda li trasportava, la terza li smaltiva. In totale, sono otto, tra persone fisiche e aziende, i soggetti indagati con l’accusa di traffico illecito di rifiuti. 

Le attività investigative, condotte per mesi da parte della Guardia Costiera di Taranto legate ai lavori di rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e di quelli di consolidamento della calata del porto di Taranto, hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di una articolata organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti, composta da tre società, che con più operazioni continuative e attraverso l’allestimento di più mezzi ad essa strumentali, avrebbero posto in essere una strutturata ed abusiva gestione nelle tre fasi di produzione, trasporto e smaltimento, di ingenti quantità di rifiuti pari a 16.264,75 tonnellate di terre e rocce da scavo molti dei quali privi delle analisi di caratterizzazione e parti dei quali costituiti da fanghi di dragaggio illecitamente qualificati terre e rocce da scavo – nonchè materiali misti di demolizione – interamente conferiti presso un impianto esclusivamente a suo tempo autorizzato al recupero in procedura semplificata, e ivi smaltiti mediante tombamento così trasformando detto sito di stoccaggio per il recupero in un sito di smaltimento e, quindi, in una verosimile discarica abusiva di oltre 40.000 metri quadrati circa di estensione e ciò al fine di conseguire un ingiusto profitto.

L'operazione

Nel corso della stessa operazione si è, inoltre, proceduto: - al sequestro di cinque motrici e relativi rimorchi di proprietà della società incaricata del trasporto dei rifiuti dal sito di produzione al luogo di illecito smaltimento; - al sequestro di una cava dismessa destinata a discarica abusiva che si estende per una superficie complessiva di circa quattro ettari di terreno avente capacità contenitiva accertata di oltre 300.000 metri cubi, in cui risultano illecitamente tombati in un lungo arco temporale migliaia di tonnellate di rifiuti indiscriminati. 

«In particolare l’analisi delle condotte illecite poste in essere dalle società coinvolte, nonché la disamina dei flussi economici, della relativa documentazione fiscale e dei F.I.R, ha consentito di ipotizzare un significativo profitto economico consistito nell’effettivo ingiusto guadagno ottenuto dal mancato recupero di ingenti quantità di rifiuti protrattosi per mesi e nel loro tombamento mediante realizzazione di una discarica abusiva all’uopo realizzata e sottoposta a sequestro, a cui si aggiunge l’evidente compromissione e deterioramento ambientale conseguenti a tali condotte, atteso che i rifiuti in parola provengono da un’area Sin (sito di interesse nazionale), presentanti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti tabellari di legge stabiliti dal Testo Unico Ambientale . Nell’ambito delle complesse attività investigative poste in essere dalla Guardia Costiera di Taranto veniva ipotizzato che la Società appaltatrice dei lavori produttrice dei rifiuti derivanti dai processi di dragaggio, demolizione ed escavazione, affidava gli stessi a specifica ditta di trasporto che a sua volta, in assenza delle doverose e prescritte caratterizzazioni di non pericolosità legate alla particolare natura inquinante dei rifiuti di che trattasi, procedeva al suo conferimento e successivo tombamento, non in una discarica a tal fine autorizzata, bensì, in una cava di tufo di ingenti dimensioni contenitive ubicata nel Comune di Massafra (TA) località Canonico, non rivestente, in quanto tale, la qualifica di discarica in senso tecnico, in quanto la relativa autorizzazione a ricevere rifiuti come discarica era scaduta sin dal 2008 e non era mai stata rinnovata». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA