Sfuma il progetto museale, Nave Vittorio Veneto dismessa in Turchia

Sfuma il progetto museale, Nave Vittorio Veneto dismessa in Turchia
di Francesca RANA
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Mercoledì 9 Giugno 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:11

In sordina, Nave Vittorio Veneto, ieri all’alba, intorno alle 4.30, ha lasciato Mar Piccolo ed ha attraversato l’ultima volta il canale navigabile, dopo quasi 18 anni trascorsi in una banchina alla Stazione Torpediniere, in riserva, brevemente, e definitivamente in disarmo. È destinata ad Aliaga, provincia di Smirne, Turchia. 

(Nel video le operazioni di disormeggio dirette dal pilota Capitano Vincenzo Bellomo, presidente nazionale dell'Unione Piloti)

La storia

Il 12 ottobre 2003 c’erano migliaia di persone ad accoglierla, stavolta pochi nostalgici, cultori o ex marinai, arrivati troppo tardi e delusi perché non avevano potuto salutare la loro vecchia nave ammiraglia tra il ‘60 e gli anni ‘80. Nel febbraio 2019, l’incrociatore portaelicotteri era stato venduto (insieme alla fregata Granatiere) alla società turca Simsekler, a fini obbligatori di riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente (offerta di acquisto complessiva di 3.382.000 euro) ed era iniziato il conto alla rovescia verso la demolizione, unito a qualche palpitazione quando la pioggia la faceva inclinare. Varata nel 1967 con il motto “Victoria nobis vita”, costruita in 2 anni ai cantieri navali di Castellamare di Stabia, nel 1969 entrò in servizio (sostituì la nave regia omonima risalente agli anni ‘40) e fu operativa 34 anni, fino a quando il ponte girevole si chiuse dietro la sua scia e sbarcarono gli ultimi 133 allievi marescialli. 
La sua agonia è durata a lungo, perché in tutti i modi avevano tentato di musealizzarla, invano, in memoria di tutte le sue missioni e campagne navali passate: i soccorsi ai terremotati di Tunisi nel ‘73 e ai profughi vietnamiti nel Mar Cinese Meridionale nel ‘79; le operazioni “Libano Due”, tra l’8 ed il 26 febbraio ’84, e “Margherita”, tra il 7 e l’11 ottobre ’85, quando i terroristi islamici sequestrarono la motonave “Achille Lauro” e subito dopo la Libia lanciò i primi missili verso Lampedusa; l’operazione “Somalia” tra il ‘92 ed il ‘93 e la “Marittime Guard” di fronte alle coste serbo-montenegrine, nell’ex Jugoslavia, nel ’93. 
Nel 2003, un centinaio di ufficiali in congedo fondò l’associazione “Nave Museo Vittorio Veneto Cimelio storico” ed il suo presidente onorario, allora sindaco, Rossana Di Bello, intorno al 2004 affidò uno studio di fattibilità ai tecnici Vecchi, Tonti e Ritucci su uno spazio espositivo monotematico, un centro scientifico tecnologico, e si ipotizzò un polo museale in rete con l’università accanto a Torre d’Ayala. 
Nel 2006, in coincidenza con l’ultimo ammaina bandiera ed il disarmo, l’Ufficio Affari Militari del Segretariato della Presidenza della Repubblica comunicò all’associazione “Nave Vittorio Veneto cimelio storico” la decisione di trasferire l’unità navale alla Banchina Carrieri, fino al vaglio di un valido progetto culturale sulla musealizzazione, affidato ad ingegneri navali e meno oneroso. Lo stesso anno, qualcuno immaginò di vederla presto ormeggiata all’isola di San Paolo, nella sua nuova veste, trasformata, nel cuore di un museo scientifico. Tra il 2008 ed il 2009, il Comune di Taranto in Area Vasta inseriva un’idea progettuale su un Museo Navale all’ex stazione Torpediniere in Mar Piccolo, il Museo delle Scienze Marine, un acquario e le musealizzazioni di sommergibile Di Cossato e Nave Vittorio Veneto. 
Nel 2017, la Fondazione Michelagnoli propose diverse soluzioni, pubbliche, pubblico/private, petizioni e lanciò appelli sui furti a bordo, affinché si inserisse uno stralcio nel Cis, Contratto Istituzionale di Sviluppo, perché riteneva urgente censire, mappare, tombare l’amianto (colpevole di mesoteliomi in passato), lavorare su carena, falle e danni di alghe e vegetazione, garantire i parametri di galleggiabilità. Contemporaneamente, la Regione Puglia suggerì di creare una residenza teatrale con i fondi Fesr o altri. Tuttavia, probabilmente furono la presenza massiccia di amianto, una bonifica troppo dispendiosa, e gli insostenibili costi di gestione e manutenzione a spingere la forza armata verso l’inesorabile decisione di dismissione nel 2018 e fissare regole diverse sui progetti di musealizzazione, destinati a navi ancora operative, prima di finire in riserva, disarmo, o essere radiate.

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