Morte sospetta: «Riaprite l'inchiesta, fu un omicidio»

Morte sospetta: «Riaprite l'inchiesta, fu un omicidio»
di Nazareno DINOI
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Martedì 27 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:21

La foto di una striscia più scura attorno al collo, una misteriosa macchina di colore scuro che si aggirava sul luogo della tragedia, strani messaggi nelle chat e soprattutto il dubbio sulle cause della morte che il medico legale del pubblico ministero mette nero su bianco dopo l’autopsia

Il "giallo"

Ce n’è abbastanza, per il papà e la sorella di Michele Dinoi che si sono sempre opposti all’archiviazione, per riaprire le indagini su una morte del diciottenne, avvenuta cinque anni fa che la magistratura tarantina ha già catalogato come accidentale. Una fatale caduta dai gradini del pianerottolo di casa finita con la testa del ragazzo infilata in una voluta dell’inferriata di ferro che porta sulla strada. Era il 27 settembre del 2017 quando il giovanissimo venne trovato agonizzante nei pressi dell’abitazione. Soccorso e rianimato dal personale del 118 che lo trovò asfittico e in arresto cardiaco, il diciotenne venne ricoverato in ospedale. Cinque mesi dopo, purtroppo, il suo cuore si fermò definitivamente. Sul collo di Michele furono rinvenuti segni simili a quelli di uno strangolamento.

Ora la famiglia ha deciso di mostrare quei segni e parlare dei dubbi, nella speranza che le immagini scuotano la coscienza di qualcuno.


Le indagini, avviate allora dai carabinieri della compagnia di Manduria e coordinate dalla procura ionica, non hanno portato a niente e dopo quattro anni sono state chiuse senza indagati nonostante l’opposizione della madre della vittima, e le integrazioni di querela presentate dall’avvocatessa Sara Piccione su incarico del padre Damiano e della sorella Martina che non hanno mai creduto alla ricostruzione fatta dagli inquirenti. A febbraio del 2021 il gip ha accolto la richiesta di archiviazione. Per gli inquirenti si è trattato di un drammatico incidente: il ragazzo, per ragioni inspiegabili, forse per una caduta accidentale, sarebbe finito con la testa nella ringhiera che delimita la piccola veranda di casa strozzandosi con la corda del cappuccio di una felpa che indossava. Una morte avvolta nel mistero, per i familiari rimasti con tanti dubbi irrisolti.

La perizia

Dubbi che anche il medico legale della Procura, Alberto Tortorella, mette in risalto nella sua perizia. «Il giovane potrebbe aver introdotto volontariamente il capo in quell’alloggiamento della ringhiera o esservi stato costretto». Lo specialista non si spiega poi «come sia stata mantenuta la pressione del collo sulla ringhiera». La prima spiegazione di Tortorella a quella pressione mortale sul collo sarebbe data dallo stato di incoscienza che avrebbe impedito al giovane di liberarsi dalla morsa mortale. La seconda ipotesi, inquietante, è quella che da cinque anni fa vivere nel tormento la famiglia. «O piuttosto - scrive il medico - perché altri abbiano esercitato una pressione sull’occipite, sulla nuca o sulla regione posteriore del collo della vittima». Un omicidio, insomma, compiuto da mani esperte. «…la pressione sul collo o sul capo, magari esercitata con il palmo della mano - si legge nella perizia - non avrebbe comunque prodotto lesioni traumatiche rilevabili, né clinicamente né strumentalmente». Un delitto perfetto. Commesso da chi? E perchè? Per pagare un terribile errore? Il padre Damiano e la sorella Martina continuano nella loro ricerca di particolari che possano aiutarli. La foto con il solco attorno al collo, ad esempio, troppo lineare per essere un incidente, ma anche la macchina scura la cui presenza quella sera è stata testimoniata da più persone ma della quale non si è riusciti a risalire al conducente.

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