Un monumento per ricordare
tutte le vittime del lavoro

Un monumento per ricordare tutte le vittime del lavoro
di Dino MICCOLI
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Sabato 5 Maggio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 22:19
Ventuno nomi nell’annuncio di un evento. Sono quelli delle “morti bianche”, nel cui ricordo - unito a quello degli altri - ieri mattina la civilissima Carosino ha voluto celebrare la “Giornata della Memoria” con lo scoprimento di un monumento a quei 21 e a tutti i caduti sul posto del lavoro e nell’esercizio del proprio dovere.
Un evento, appunto, che ha coinvolto tutto il paese e che ha chiamato a raccolta tutte le istituzioni del territorio, dal prefetto di Taranto, Donato Giovanni Cafagna, all’arcivescovo dell’Arcidiocesi tarantina, monsignor Filippo Santoro, insieme a tutte le altre autorità civili e militari, accolti dal sindaco, Arcangelo Sapio. È stata una giornata di speranza, una delle tante che sembrano avere dato un senso all’opera instancabile dei componenti il Comitato 12 Giugno, impegnato dal 2003 a gridare con forza: “fermiamo questa mattanza”.
Per rabbia, forse, e per un senso del dovere altro, i “vivi” hanno iniziato a testimoniare contro quel senso di fatalismo legato agli eventi. Le morti bianche vanno evitate. E suona ancora oggi come una beffa per Angelo Franco, papà di Paolo Franco che insieme a Pasquale D’Ettorre furono schiacciati da una gru. Cosi si costituì nel 2003 il Comitato 12 giugno, presieduto oggi da Cosimo Semeraro. Presenti ieri alla giornata, in un raggio di sole che spazza via i fumi degli altiforni e il nero della cronaca in cui persero la vita uomini dello Stato e del volontariato, Semeraro e Franco hanno incrociato l’impegno dei Maestri del Lavoro d’Italia, delle associazioni e, appunto, di quelle istituzioni che non vogliono restare a guardare. Paolo Franco, Silvio Murri, Francesco Zaccaria, Alessandro Morricella. Questi sono ancora i nomi di quella “lista bianca” in cui è significativo notare come possano stare, su un manifesto, insieme ad altri: Giovanni Falcone, Carlo Alberto Della Chiesa, Paolo Borsellino, Giacomo Campo (il giovane operaio di Roccaforzata), il capitano tarantino Emanuele Basile, Padre Gino Pino Puglisi, Carmine Briganti, Giovanni La Rosa, Francesco Ardito, Domenico Morella, Rosario Rodiò, Carmelo Magli, Matteo Valenti, Emanuela Manichetti, Ilaria Alpi. Uomini e donne che si sono ritrovati nello slogan recitato sullo striscione portato da amici e familiari delle vittime: ”per non dimenticare”.
 
Al termine della celebrazione eucaristica, celebrata da Don Filippo D’Urso, il corteo composto dai ragazzi delle scuole, da giovani, uomini e donne, si è snodato sino alla località del cimitero.
Una lunga fila che ha richiamato il senso profondo dell’essere comunità in cammino. Le parole dell’arcivescovo Santoro sono state ancora una volta incentrate sul significato della dignità umana mettendo l’uomo al centro di ogni situazione. Il monumento scoperto nel Cimitero comunale è in questo caso oltremodo simbolico: un tubo d’acciaio spezzato sul quale sono impresse alcune croci. L’intervento del prefetto Cafagna ha riempito di contenuti e di certezze l’ itinerario comune rappresentato nella giornata, sulla scia anche di uno speranzoso intervento del sindaco del Consiglio Comunale dei Ragazzi, Giada Patrono, giovanissima, ma pronta alle sfide, a cui è stata data la parola perchè le nuove leve sanno impreziosire e richiamare a raccolta tutti. Il sindaco Sapio conosce il peso della fascia tricolore e ha centrato l’idea che la civilissima Carosino abbia da oggi una “stella” in più a cui guardare. Quel tubo spezzato e le sue croci che “gridano” (nella ferita insanabile) il valore della vita e l’impossibilità della rinuncia alla dignità.
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