C’è anche il pugliese Giuseppe Coronese tra i 49 indagati arrestati all’alba di ieri dai carabinieri nel corso del blitz denominato “Hybris” contro le cosche della ‘ndrangheta Piromalli e Molé di Gioia Tauro. Al 58enne, di Massafra, è contestato uno solo dei numerosi capi di imputazione sui quali ruota l’ordinanza di custodia cautelare spiccata dal gip distrettuale di Reggio Calabria, Stefania Rachele, su richiesta del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e del pm Paola D’Ambrosio.
Era il referente per la Puglia per il clan Piromalli
Coronese, secondo gli investigatori, sarebbe stato «il referente in Puglia dei Piromalli» e avrebbe fatto da sponda a due esponenti di primo piano della cosca, giunti in provincia di Taranto per recuperare un credito da 85.000 euro da un commerciante di frutta. I due uomini della cosca, secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, prima di raggiungere Massafra e fare pressioni sul debitore avrebbero contattato i referenti della mala locale. Di qui la contestazione di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il debitore, infatti, avrebbe subito dai due calabresi una serie di pesanti intidazioni e sarebbe stato anche aggredito e picchiato. La vicenda si sarebbe conclusa con l’imposizione ad un altro commerciante di accollarsi il pagamento, per il fatto di aver fatto da garante all’inizio della trattativa commerciale. La vicenda è stata ricostruita dagli investigatoti dei carabinieri grazie anche alle intercettazioni telefoniche e ha portato alla emissione dell’ordinanza di custodia cautelare anche per Coronese.
Le indagini
L’altra mattina il massafrese, con alle spalle precedenti anche per associazione mafiosa, e associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, è stato arrestato e condotto in carcere dai militari giunti dalla Calabria, con la collaborazione dei carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Taranto. La misura cautelare, come si è detto, rientra tra le 49, trentaquattro delle quali in carcere e 15 ai domiciliari, disposte dal gip di Reggio Calabria. Tra questi ultimi ci sono anche un parroco e un militare della Guardia di Finanza.
Il finanziere è indagato perchè avrebbe rivelato ad un affiliato l’esistenza di un’indagine a suo carico, mentre il sacerdote è accusato di false attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria.
Il gip ha disposto il carcere per i presunti capi dei due clan al centro dell’indagine, accusati di associazione mafiosa, numerose estorsioni e due tentati omicidi.
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