Un gigante di 2,20 metri morto mille anni fa, quando gli uomini erano alti 1,60

Un gigante di 2,20 metri morto mille anni fa, quando gli uomini erano alti 1,60
di Nazareno DINOI
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Martedì 5 Ottobre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:55

Riposa lì dove è stato sepolto mille anni fa il misterioso gigante di San Pietro in Bevagna. Il suo scheletro perfettamente conservato misura due metri, è stato portato alla luce durante gli scavi del 2014 quando erano in corso i lavori di  restauro degli antichi alloggi dei pellegrini situati vicino alla chiesa della località marina di Manduria dedicata all’apostolo. Del gigante che è stato ricoperto con la stessa terra sotto cui è stato seppellito intorno all’anno mille dopo Cristo, esiste solo una foto conservata dall’imprenditore Gregorio Tarentini, proprietario dell’omonima impresa specializzata in scavi archeologici e accreditata presso la Soprintendenza, che l’ha finalmente resa pubblica. L’immagine è tagliata e mostra lo scheletro dalla testa alle ginocchia con i due femori straordinariamente lunghi.

Il mistero

Poggiato al suo fianco c’è il metro con cui allora è stata misurata la lunghezza: 199 centimetri di ossa distese e contratte. In carne e in posizione eretta l’altezza reale sarebbe stata di almeno 15, 20 centimetri in più. Un’altezza sorprendente per quell’epoca quando l’altezza media dell’uomo era di un metro e sessanta centimetri e della donna un metro e mezzo. Il gigante di San Pietro in Bevagna superava di sessanta centimetri quel valore medio.
È poi il testimone di quel ritrovamento, l’imprenditore Tarentini, a ricordare i particolari del gigante. «Trovammo diverse sepolture nella parte destra della chiesa di San Pietro in Bevagna, ma una in particolare attrasse immediatamente la nostra attenzione per la sua lunghezza». I lavori in corso, eseguiti sotto il controllo degli archeologi della Soprintendenza di Taranto, erano quelli per il consolidamento dei piccoli rifugi dei pellegrini.
Tutti gli scheletri, fa sapere ancora l’imprenditore, avevano una moneta nella bocca, un’antica usanza a cui le fonti letterarie greche e latine danno un preciso significato: si trattava di un obolo o un tributo per Caronte che avrebbe traghettato l’anima attraverso il fiume che divide il mondo dei vivi da quello dei morti.
Tutte quelle monete insieme ad altri reperti trovati nelle sepolture, furono raccolte, catalogate e conservate negli scantinati della sede manduriana della Soprintendeva ai beni archeologici. È sempre Tarentini a ricordare tra gli oggetti prelevati una rarissima coppa di delicato vetro e una medaglia longobarda. Finiti i lavori, come spesso accade da queste parti, tutte le fosse furono ricoperte.
Sono numerose le testimonianze di vissuti storici nelle marine di Manduria venuti fuori fortuitamente durante lavori di scavo. L’unico ancora visitabile, è il cimitero dei sarcofagi dei re, ventuno vasche di marmo grezzo adagiati sui fondali si San Pietro in Bevagna, prezioso carico diretto a Roma perduto durante il naufragio della nave che lo trasportava. È fermo solo nella leggenda, invece, il presunto sbarco dell’apostolo Pietro che soggiornò sulle coste manduriane dove converti alla religione di Gesù Cristo molti pagani del posto.

Sempre la leggenda racconta che il luogo dove avvenivano queste conversioni di fede era proprio il luogo dove è sepolto il misterioso gigante la cui epoca, comunque, risale a più di mille anni dopo.

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