L'intervista/Palombella: «Su Ilva il Governo è diviso, si può solo scioperare»

Il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella
Il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 6 Maggio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:33

«Mittal che a livello globale ha fatto utili netti per oltre 4 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2022, l’80 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021, non c’entra proprio niente con lo stabilimento di Taranto. ArcelorMittal ha ormai completamente marginalizzato Taranto, tiene la fabbrica a scartamento ridotto, ha messo 3mila persone in cassa integrazione ed ha pure la faccia tosta di chiedere lo sconto: 200 milioni in meno sul prezzo di acquisto dell’azienda e il 25 per cento in meno sul canone di fitto ai commissari che è già stato dimezzato».

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Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, parla con Quotidiano sull’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, proprio nelle ore in cui si incrociano i dati di bilancio della multinazionale dell’acciaio, lo sciopero di oggi e il verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo. «Chiedono lo sconto - incalza Palombella -, ma con quale coraggio lo chiedono? Vogliono un regalo, ma è assurdo. Sì, assurdo».
Palombella, secondo lei si rafforza l’ipotesi per cui Mittal tiene legate le potenzialità industriali di Taranto per far avanzare gli altri suoi stabilimenti in questa fase di mercato?
 «Il fatto che Mittal abbia messo come amministratore delegato Lucia Morselli vuol dire solo una cosa: è la persona giusta per annientare lo stabilimento. Lo scopo era ed è ben preciso. Loro, come gruppo, non erano capaci di fare questa cosa. Sanno fare utili, chiudere gli stabilimenti, ma per fare un’operazione di completa disarticolazione come quella in corso a Taranto, ci voleva una come Lucia Morselli».
Oggi si sciopera per 24 ore. Cosa vi aspettate?
 «Lo sciopero è contro ArcelorMittal e contro il Governo. Cosa dovevamo fare se non scioperare visto che oltre un mese dopo il mancato accordo sulla cassa integrazione straordinaria al ministero del Lavoro, nessuno si è mosso? Nemmeno un cenno al di fuori di qualche dichiarazione a latere. Che dovevamo fare? Continuare a subire? Mi auguro che il Governo intervenga, altrimenti intensificheremo le nostre iniziative verso il Governo e la politica. Taranto sta messa malissimo. A Genova la situazione è esplosiva malgrado lì facciano una produzione di mercato come la banda stagnata. Due grandi stabilimenti senza uno straccio di relazioni industriali. Eppoi il clima di terrore instaurato nelle fabbriche con i lavoratori sospesi o licenziati. Questa situazione rischia di pesare come un macigno. Non abbiamo altri strumenti all’infuori dello sciopero. Abbiamo mandato e rimandato lettere ai ministri, tutte rimaste lettera morta purtroppo. E poi c’è la situazione di Ilva in amministrazione straordinaria. Ma davvero si pensa che 1.600-1.700 persone possano fare solo le bonifiche oppure stare in cassa integrazione a vita? Che facciamo come Termini Imerese, dove sono stato l’altro giorno, con i lavoratori in cassa da dieci anni?».
 Anche se socio di minoranza, lo Stato è pur sempre lo Stato ed è partner di Mittal in Acciaierie d’Italia. Perché non interviene?
 «Il Governo è diviso su Ilva. Questo non emerge ma non esiste univocità di linea. Di linee ve ne sono due: una è per mettere le mani e salvare lo stabilimento, l’altra che ritiene la questione Ilva non più recuperabile».
 Ma Draghi ha detto che Ilva deve produrre di più...
  «Lo dice Draghi ma non tutto il Governo e comunque non abbiamo verificato nessun atto concreto da parte del premier. Solo dichiarazioni, ovvero che l’acciaieria è importante. Sì, ma i risultati dove stanno dopo la cassa integrazione senza accordo, cosa gravissima visto che la vicenda si è consumata al ministero del Lavoro? Perché non convocate l’azienda? Perché non verificate che la produzione non sta affatto aumentando e che quest’anno altro che 5,7 milioni di tonnellate. Andremo invece intorno ai 4 milioni. Nell’agenda di Governo, Ilva non esiste più. Il Governo prova a volare su altri temi».
 E il ministro dello Sviluppo economico, Giorgetti?
«Sparito pure lui. L’ultimo incontro risale a tempo fa. Abbiamo perso anche i ricordi. Poi più niente, zero, nessun tipo di riscontro. Si va alle elezioni politiche del 2023 senza posizioni importanti su nessuna vertenza, senza assumersi responsabilità. Tant’è che su nessuna vertenza abbiamo tavoli importanti». 
 Eppure si parla di nuovo piano industriale, decarbonizzazione, preridotto...
  «Ma non c’è niente, è un libro dei sogni. È un piano industriale che conoscono solo loro. Lo annunciano ma non lo formalizzano. Sono passati tre mesi dall’annuncio, perché, dico al Governo e all’azienda, non lo ufficializzate, perché non ci date, riferimenti, fonti di finanziamento?».
 Confindustria Taranto disapprova lo sciopero di oggi. Dice che bisogna far quadrato attorno all’azienda e non fermare la produzione...
 «Non so in quale mondo viva Confindustria Taranto, probabilmente nel mondo dei sogni. Non dico loro di difendere i lavoratori ma difendete almeno le imprese e gli asset che sono a Taranto. Nel caso di Ilva quale azienda difendete visto non paga nemmeno i fornitori, i vostri associati? Qualcuno, già del mondo di Confindustria, cerca di coprire la verità per non fare mai nulla. Ma è una posizione suicida che serve solo a guadagnare qualche spicciolo. E peraltro ad alcuni si e ad altri no». 
 Nel 2023 si vota per il Parlamento ma a Taranto si vota tra un mese per il sindaco. Questo complica le cose? Il M5S sbarra intanto la strada ai 150 milioni dalle bonifiche alla decarbonizzazione...
 «Da mesi siamo in campagna elettorale.

Andremo avanti di elezione in elezione, i temi rischiano di passare in secondo piano e non si affronteranno mai con l’impegno necessario. Taranto prigioniera di veti incrociati, non va da nessuna parte. In quanto ai Cinque Stelle, loro stessi hanno detto che Ilva sarà l’azienda più decarbonizzata, hanno garantito che così lo stabilimento aveva un futuro, e adesso sono quelli che fanno ostruzionismo. Non si capisce dove vogliono andare». 

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