Le mani dei clan sul mercato dei carburanti, pioggia di arresti. Indagati anche due finanzieri

Maxi operazione della Finanza in tutta Italia: le mani dei clan sui petroli

Le mani dei clan sul mercato dei carburanti, pioggia di arresti. Indagati anche due finanzieri
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Lunedì 12 Aprile 2021, 09:17 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 13:25

Sono due gli arresti messi a segno a Taranto nell'ambito della gigantesca operazione antimafia scattata all'alba di questa mattina tra Salerno, Brescia, Napoli, Caserta, Cosenza e Taranto. Stando a quanto si è appreso, complessivamente, sono 45 i provvedimenti cautelari eseguiti dai carabinieri e dai finanziari di Salerno e dal comando della Guardia di Finanza di Taranto. Ventisei le persone finite in carcere 11 agli arresti domiciliari. Sei sono i destinatari di divieto di dimora, mentre per due finanzieri in servizio a Taranto è stata adottata la misura interdittiva della sospensione dal servizio per un periodo di seri mesi. Nel mirino un colossale traffico di carburante agricolo che avrebbe fruttato un ritorno di trenta milioni di euro all'anno.

"La sospensione dei due militari interdetti per sei mesi, riguarda presunte rilevazioni del segreto di ufficio circa le indagini che erano in corso. I due finanzieri lavorano a Taranto, sono stati già  trasferiti in altri reparti, ma non avevano un ruolo nelle indagini in questione. Non so se lo facessero per arrotondare, certo è che sono  stati infedeli nel rivelare particolari delle indagini” - ha detto  il comandante regionale della Guardia di Finanza Puglia, Francesco Mattana.

Le accuse

Per gli indagati colpiti dalle misure cautelari le accuse contestate, a vario titolo, sono quelle di associazione per delinquere con l'aggravante del metodo mafioso, finalizzata alle frodi in materia d'accise e Iva sugli olii minerali, intestazione fittizia di beni e società, e truffa ai danni dello Stato.  I carabinieri del comando provinciale di Salerno e i militari della Finanza di Salerno e Taranto stanno conducendo in tal senso un'operazione coordinata dalle direzioni distrettuali Antimafia di Potenza e Lecce e, a Taranto, stanno eseguendo due ordinanze applicative di misure cautelari personali ma anche sequestri disposti dal gip di Lecce.

Le indagini, coordinate dalle Dda di Potenza e di Lecce,  hanno fatto emergere l'attivtà di diverse organizzazioni criminali, ma collegate tra loro. Avrebbero operato nel Vallo di Diano, quindi nel basso salernitano, nonché nella Provincia di Taranto,  tutte  collegate a importanti famiglie mafiose, riconducibili al clan dei casalesi ed ai clan mafiosi tarantini, il cui core business era rappresentato da un contrabbando di idrocarburi che ha cagionato allo Stato danni economici per decine di milioni di euro, a cui ha corrisposto un eguale guadagno per tali sodalizi.

I clan

Oltre alle persone arrestate nell'indagine figurano indagate altre 71 persone, tutte denunciate a piede libero.

Le attività investigative hanno evidenziato l'infiltrazione del clan dei Casalesi e del clan jonico "Cicala" nel lucroso mercato degli idrocarburi nei territori del Vallo di Diano e del Tarantino. Il filone investigativo che ha riguardato la Provincia di Taranto, ha puntato l'attenzione sull’esistenza di una associazione di stampo mafioso, risorta dalle ceneri di altri sodalizi neutralizzati da precedenti attività investigative, che si è ricompattata attorno alla figura del tarantino Michele Cicala. Il sodalizio si sarebbe caratterizzato per la capacità di imporsi sul territorio, con conseguente controllo dei traffici illeciti sviluppati nel contesto ambientale di riferimento, con conseguente reimpiego delle risorse economiche in numerose attività economico-commerciali, alcune delle quali direttamente riconducibili all'organizzazione anche attraverso una fitta rete di prestanome.  Nel corso delle indagini sono emerse le attività nel settore del contrabbando di idrocarburi e l'allenza con gruppi criminali operanti da tempo nei medesimi settori con imprese che già avevano un loro mercato. "Si è accertato- hanno spiegato i procuratori Curcio e De Castris in una nota - il patto dei tarantini con l’altro gruppo criminale, operante nel Vallo di Diano, a cavallo tra Basilicata e Campania, proprio nel settore nel contrabbando di carburanti sviluppando in modo coordinato attività contrabbandiere e, con i guadagni di tale attività, rilevantissimi investimenti e attività di riciclaggio".

In sostanza, venivano vendute ingentissime quantità di carburante per uso agricolo, che come noto beneficia di particolari agevolazioni fiscali, a soggetti che poi lo immettevano nel normale mercato per autotrazione, assai spesso utilizzando le cosiddette “pompe bianche”. Per quanto attiene, il trasporto del prodotto, questo usciva dai depositi fiscali scortato da documenti falsamente attestanti il trasporto di gasolio agricolo. In caso di controllo, l’autista azionava un apposito congegno elettromagnetico che innescava una pompa che iniettava il colorante (il carburante agricolo ha una colorazione diversa da quella del carburante normalmente usato per autotrazione) allineando il prodotto ai documenti esibiti. In assenza di controllo, il camion giungeva ai depositi commerciali riconducibili agli indagati, simulava lo scarico del prodotto, sostando a favore delle telecamere di sorveglianza per un tempo compatibile a quello realmente necessario per le operazioni, simulava il carico di gasolio per uso di autotrazione  e ripartiva scortato da documenti fiscali di accompagnamento clonati.

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