Indotto, sale la tensione delle imprese
"Tavolo per noi o blocchiamo tutto"

Indotto, sale la tensione delle imprese "Tavolo per noi o blocchiamo tutto"
di Nicola SAMMALI
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Mercoledì 16 Maggio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 08:49
Gli animi sono «surriscaldati». Al termine dell’incontro di ieri pomeriggio con le aziende dell’indotto Ilva, il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, descrive una situazione molto tesa. Nonostante questo sembra scongiurata, almeno per il momento, una protesta con il blocco dei mezzi. Una eventualità, comunque, che potrebbe portare a un inasprimento della crisi, fino alla «chiusura» della fabbrica avevano ribadito pochi giorni fa.
Dalla riunione, commenta Cesareo, emerge la volontà di chiedere che quel tavolo programmato per oggi, e poi saltato, non naufraghi senza possibilità di confronto. «Abbiamo deciso di reiterarlo noi, come Confindustria, invitando tutte le istituzioni e la struttura commissariale Ilva al più presto». In questa logica gli imprenditori hanno deciso, quindi, «ancora per un po’ di giorni, di soprassedere a mettere in pista altre forme di rivendicazione. Crediamo - prosegue Cesareo - che con un confronto diretto, anche alla presenza della Regione Puglia e della Provincia di Taranto, si possano trovare delle soluzioni che lascino un minimo di tranquillità a tutti». Lo stallo sulla trattativa per la cessione di Ilva al gruppo AmInvestco, le casse vuote, le famiglie in difficolta.
«Non ce la facciamo più», ripete Cesareo, «lo diciamo da troppo tempo. Adesso ci stiamo fermando uno dopo l’altro. Non abbiamo intenzione, però, di immolarci uno alla volta: se dobbiamo fare il botto lo facciamo tutti insieme». A questo punto, «purtroppo - aggiunge - diventa complicato pensare di non mettere in campo tutto ciò che è possibile, perché questa condizione di immoralità dello Stato che non paga i suoi debiti nei confronti dei suoi fornitori deve cessare».
Infine Cesareo spiega che «siamo stanchi delle strumentalizzazioni che vengono fatte nei confronti dei nostri imprenditori. In realtà hanno messo un sacco di soldi di tasca loro. Se analizziamo il monte crediti che abbiamo e il monte debiti nei confronti dei nostri collaboratori, si vedrà che c’è una discrepanza enorme. Significa che questa discrepanza è stata comunque e sempre colmata da denari delle nostre imprese».
 
Circa un centinaio di queste imprese, che ieri ha preso parte all’assemblea, contano «circa 5mila lavoratori, circa 40milioni di euro di crediti correnti più - aggiunge Cesareo - i 120 che abbiamo lasciato sull’amministrazione straordinaria». Le difficoltà a percepire lo stipendio hanno già portato i lavoratori della Lacaita a incrociare le braccia. Non sono gli unici, è evidente, ad avere lo stesso problema. Ma Cesareo aveva difeso anche gli imprenditori da «alcune strumentalizzazioni», precisando che «sono quelli che continuano a finanziare, che in questi sei anni hanno messo tanti soldi, ma proprio tanti, per continuare a tenere in piedi le loro aziende. Adesso è il momento di finirla». La proposta di Confindustria Taranto, il Piano B individuato, «è un’acciaieria perfettamente ecocompatibile», attività imprenditoriali «complementari» e la realizzazione di una «filiera dell’acciaio», utilizzando non solo i residui della lavorazione ma anche i prodotti finiti di Ilva.