Indotto Ilva in crisi: chiude Lacaita, 119 licenziamenti

Indotto Ilva in crisi: chiude Lacaita, 119 licenziamenti
di Alessio PIGNATELLI
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Giovedì 31 Maggio 2018, 09:52
TARANTO - Un’altra vittima della crisi del siderurgico e, non meno, dell’assurdità di alcune dinamiche che consentono il mancato ristoro di crediti vantati dallo Stato. La ditta Lacaìta dell’indotto Ilva ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 119 lavoratori. Nella comunicazione inviata alle organizzazioni sindacali, l’azienda evidenzia di “trovarsi nella necessità di dover procedere alla totale cessazione dell’attività con la conseguente riduzione collettiva di personale, relativa a 119 posizioni lavorative strutturalmente in esubero e corrispondenti a tutto il personale e a tutti i profili professionali”. È solo una delle tante situazioni critiche che caratterizzano gli appalti Ilva. A Taranto, il settore è al collasso soprattutto per quanto riguarda quelle aziende monocommessa che hanno subìto un enorme danno a causa dei crediti non ricevuti pregressi all’Amministrazione straordinaria. L’azienda in questione - Lacaìta Pietro S.r.l. - è una società di impiantistica industriale, montaggi, carpenteria e manutenzione, caldareria, costruzioni meccaniche: si compone di due unità produttive, una a Torricella e una a Taranto sulla Strada Statale Appia. Il personale è formato da 119 dipendenti a tempo indeterminato, la maggior parte con profili e mansioni operative/produttive. Sono presenti, inoltre, 8 dipendenti con contratto a termine che non verranno rinnovati né prorogati. Nella procedura si espongono chiaramente i motivi di questa inevitabile decisione. Nell’ultimo triennio, a causa della grave crisi finanziaria ed economica di Ilva, principale cliente di Lacaita, si è verificata una crescente e insostenibile crisi di liquidità. “Già dal settembre del 2014 Ilva ha, nei fatti, bloccato il pagamento delle fatture relative alle prestazioni rese creando non poche difficoltà di ordine finanziario alla Lacaìta Pietro S.r.l. II 26 maggio 2015 la società esponente ha presentato istanza di insinuazione al passivo della procedura incardinata dinanzi alla Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, chiedendo che il credito di 5.933.757,65 di euro fosse ammesso in prededuzione. All’udienza di esame dello stato passivo la società è stata ammessa per 1.477.855,14 di euro in prededuzione e 4.455.902,51 di euro in via chirografaria. Alcuno dei detti importi ad oggi è stato percetto dalla Lacaìta. A ciò si aggiungano le ulteriori difficoltà incontrate nell’esecuzione dei lavori durante I’Amministrazione Straordinaria a causa dei ritardi negli incassi delle fatture per i servizi prestati”. Una situazione insostenibile che accomuna tantissime aziende dell’indotto. Risale a poco meno di 40milioni di euro lo scoperto della gestione corrente a cui bisogna aggiungere altri 150 milioni di crediti riferiti però a lavori non pagati prima che scattasse l’amministrazione straordinaria, nel 2015. Questa ingente somma è bloccata nell’intricata vicenda giudiziaria del Tribunale di Milano e non vi sono assolutamente garanzie affinché questi imprenditori possano essere ristorati. Questi crediti insinuati nel passivo, come nel caso in questione, non sono neanche stati considerati prededucibili (una sorta di condizione di maggior privilegio rispetto ai cosiddetti chirografari). La prededuzione all’indotto Ilva è stata concessa solo per alcune tipologie di attività svolte dalle aziende e la possibilità che le imprese riscuotano, una volta che la relativa partita si sarà definita, è molto scarsa.
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