Invasi dalle cozze estere, ne sono arrivate 12mila tonnellate in 18 mesi

Invasi dalle cozze estere, ne sono arrivate 12mila tonnellate in 18 mesi
di Massimiliano MARTUCCI
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Mercoledì 29 Settembre 2021, 05:00

Sono oltre cinquemila tonnellate le cozze importate, prevalentemente da Spagna e Grecia, in Puglia, da gennaio 2020 a giugno 2021. Lo comunica il Ministero della Salute. Un problema per la cozza tarantina, che grazie al lavoro fatto da mitilicoltori, amministrazione e Slow Food punta al riconoscimento dello status di “Presidio”, che però non poteva mettere in secondo piano i guai strutturali del settore, a cominciare dai cambiamenti climatici, e il relativo innalzamento della temperatura delle acque del Mar Piccolo e l’interdizione di allevare il novellame oltre la fine di febbraio a causa dell’inquinamento. 

I timori

A rischio, spiegano i mitilicoltori, quasi il 60% della produzione. A questo si aggiunge anche l’importazione di novellame che viene poi impiantato nei mari tarantini, trasformando i prodotti di importazione in cozze tarantine, una scelta che va in concorrenza coi mitilicoltori locali. L’unico modo per conoscere l’entità dell’importazione è rivolgersi ai porti pugliesi, i quali però non hanno dati relativi all’importazione di mitili, perché i controlli sono affidati alle Asl e quindi al Ministero della Salute, il quale conferma che cinquemila tonnellate (per la precisione 5.105.034 unità, ovvero chili) sono stati importate in diciotto mesi, divisi in 487 partite. Più di dieci tonnellate a partita. I carichi sono poi stati smistati nei territori in cui sono competenti le Asl di Foggia, Taranto e Lecce. 
Di questa quantità non è possibile sapere quante cozze davvero siano state impiantate a Taranto, ma il dato deve far riflettere in rapporto invece alle tremila tonnellate di cozze che i mitilicoltori tarantini hanno impiantato nello specchio del Mar Grande concesso in maniera straordinaria dal Comune, una superficie di nove ettari. Nel corso dello stesso periodo il Ministero della Salute ha registrato l’ingresso, nei porti pugliesi, di oltre settemila tonnellate di cozze destinate direttamente al consumo umano (quindi in totale 12mila tonnellate), con destinazione tutta la Puglia. Il già fragile sistema di produzione della cozza tarantina deve fare i conti con una importazione massiccia di prodotto proveniente dagli altri stati membri dell’Unione Europea. Un problema denunciato dai mitilicoltori, in particolare da Confcommercio, che indica proprio in questo fenomeno il principale problema del settore. Eppure le importazioni riguardano una fase successiva della filiera, la cui ricaduta negativa riguarda la produzione locale anche dal punto di vista di sopravvivenza del novellame, considerando che la forte sovrappopolazione nel secondo seno del Mar Piccolo provoca una rallentamento della crescita delle cozze, quindi un ritardo nella maturazione, che arriva ai mesi estivi dove l’acqua, secondo i dati Arpa, è arrivata a toccare punte di quasi 32°. La cozza non sopravvive a temperature oltre il 28°. Il problema dell’importazione, che sia o meno selvaggia, è già stato posto all’attenzione dell’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia, il quale commentava così, a inizio settembre: «Dobbiamo puntare a utilizzare Mar Grande, ma dobbiamo lavorare sulla certificazione della filiera, perché se l’Europa permette l’impianto delle cozze prodotte altrove, noi dobbiamo essere in grado di tracciare il prodotto e comunicarlo ai consumatori, che devono sapere se mangiano cozze prodotte a Taranto o cozze prodotte in Grecia e commercializzate a Taranto».
Le associazioni di categoria, Agci Pesca, guidata da Emilio Palumbo, Agri Pesca Taranto, guidata da Cosimo D’Andria, e Lega Pesca Taranto guidata da Cosimo Bisignano, avevano allertato la Regione: «Partiamo da un fatto: la mitilicoltura tarantina ha subito, negli ultimissimi mesi, una perdita della produzione che si aggira attorno al settanta o ottanta percento.

Ciò a causa delle alte temperature che hanno determinato la moria dei molluschi coltivati in Mar Piccolo. Da qui l’esigenza di chiedere all’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia, un intervento che consenta di rimpolpare le risorse previste per sostenere il settore, rifinanziando dunque la legge regionale n.1 del 2016, che prevede duecentomila euro euro da spalmare su tutta la regione».

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