In coma da oltre sei anni. I periti del tribunale: «Colpa di due errori da parte dei medici»

In coma da oltre sei anni. I periti del tribunale: «Colpa di due errori da parte dei medici»
di Nazareno DINOI
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:31

Fu una puntura accidentale del cuore a causare l’arresto cardiaco e quindi il coma irreversibile di Davide De Maglie, l’ex arbitro federale e militare della Marina manduriano che dal 2015 (ora ha 29 anni) vegeta nel suo letto assistito con tenacia e speranza dalla famiglia che non si arrende.

La vicenda

Il giovane fu portato al Santissima Annunziata di Taranto, cosciente e collaborante, per gli esiti di una caduta con la moto. La terribile verità alla base del suo attuale stato di “vita-non vita” - che i genitori e la sorella hanno sempre saputo e per questo si sono affidati all’avvocato Francesco Ferretti che li assiste dal primo giorno - è finalmente emersa dal carteggio della causa civile giunta alla sua fase conclusiva. Lo scrivono con impressionante accuratezza i due periti del giudice Remo Liscio del Tribunale di Taranto che dovrà ora concludere l’accertamento preventivo per la quantificazione del danno. 
Oltre alla puntura al cuore, la sventura quel giorno volle un’altra disgrazia. Due errori, si legge nelle carte, che hanno cambiato l’esistenza di un giovane e della sua famiglia. Così i due consulenti d’ufficio del giudice descrivono quegli errori. «Riteniamo che siano due le cause che hanno provocato l’arresto cardiaco del paziente e quindi lo sviluppo della encefalopatia post anossica che ne ha determinato lo stato vegetativo». Descritte così con ancora più chiarezza. «Le due cause sono: una puntura accidentale del pericardio  con conseguente sanguinamento» e poi «l’aver sottoposto il paziente ad una intubazione e ventilazione meccanica pur essendo presente uno pneumotorace sinistro non drenato». 

Le responsabilità

I due consulenti, lo specialista in medicina legale Angelo D’Elia e il chirurgo toracico, Gaetano Di Rienzo, non hanno dubbi circa le responsabilità. «Entrambe queste situazioni, imputabili a un non adeguato trattamento da parte dei sanitari che lo ebbero in cura – scrivono gli specialisti nella loro relazione -, hanno determinato sia una compromissione del miocardio per il sangue raccoltosi nello spazio pericardico, sia un probabile pneumotorace ipertensivo ...

con effetti negativi sulla dinamica cardiaca ... con conseguente attuale ed irreversibile stato vegetativo».

Alla stessa conclusione sono arrivati anche i periti nominati dalla famiglia, i medici specialisti Giorgio Gagna di Torino, Mario Borrelli di Taranto e il radiologo Elviro Cesarano da Bari. Per la famiglia di Davide, la chiusura della causa civile alla quale seguirà quella penale affidata al pubblico ministero Marzia Castiglia della Procura della Repubblica di Taranto, non può certo definirsi con la parola soddisfazione né tantomeno con gioia perché il loro unico desiderio è quello di rivedere rinascere il promettente sottufficiale della Marina che ad appena 22 anni aveva coronato il suo sogno di indossare la divisa con le stellette. Un sogno frantumato sullo spigolo di un marciapiede che un maledetto pomeriggio di sei anni e mezzo fa fermò la sua corsa con la moto diretto alla pista di una gara di motocross organizzata dal padre che Davide doveva raggiungere per dargli aiuto. 
Lo sfortunato centauro, che indossava casco e tuta regolamentari, urtò la schiena contro il marciapiede. Da Manduria dove avvenne l’incidente, fu trasportato direttamente all’ospedale tarantino. Durante il viaggio in ambulanza Davide parlò con i sanitari descrivendo l’accaduto e preoccupandosi di non poter aiutare il padre nella gestione della gara. Un paio d’ore dopo il suo cervello si spense.

© RIPRODUZIONE RISERVATA