Il prossimo 19 gennaio, nell’aula del gup del tribunale di Lecce, riecheggeranno i rumori delle pistolettate e prenderanno vita le ombre dei delitti di mafia che tra il 1989 e il 1991 hanno insanguinato Taranto e la sua provincia nella faida tra clan rivali che contò 160 morti ammazzati. Al quarto piano del Palazzo di giustizia leccese, la giudice Giulia Proto riaprirà gli atti su un delitto avvenuto ben 33 anni fa.
Alla sbarra ci sarà uno dei protagonisti di quella guerra spietata: il manduriano Massimo Cinieri, detto “Massimino molletta”, personaggio di spicco della Sacra corona unita, tra i primi collaboratori di giustizia dell’epoca le cui dichiarazioni diedero una spallata alla malavita organizzata di tutto il nord Salento, consentendo agli inquirenti di individuare i responsabili di molti assassini rimasti sino ad allora impuniti.
Cosa successe
Per uno di questi ora il 55enne pentito rischia il processo a più di 33 anni dalla morte della vittima, l’imprenditore di San Giorgio Ionico, Gaetano Fina, assassinato l’11 luglio del 1989 nel suo comune di residenza.
Dalle risultanze investigative di allora e dalle stesse ammissioni di Cinieri, emergeva l’interesse della criminalità per gli affari legati agli appalti con le pubbliche amministrazioni e a quanto pare, fu proprio il controllo su alcuni lavori in quell’ambito il movente del delitto Fina, titolare di una ditta di scavi e movimento terra, che avrebbe pagato con la vita l’aver messo le mani su alcuni appalti che interessavano ad amici del clan dominante su quel territorio di San Giorgio Ionico.
La ricostruzione
Dalla ricostruzione del delitto, fatta dai carabinieri lo stesso giorno in cui fu commesso, viene fuori la seguente scena. Poco dopo le tredici dell’11 luglio del 1989, in una strada in pieno centro urbano di San Giorgio Ionico, una Fiat Uno di colore blu con a bordo due persone si avvicinò all’auto guidata dall’imprenditore Fina. Uno dei due killer scese dalla macchina e freddò la vittima esplodendogli contro quattro colpi di pistola calibro 38 a canna lunga, poi salì sull’auto che si allontanò in direzione Monteiasi. Alla scena assistettero tre persone che dopo l’interrogatorio furono arrestati per favoreggiamento.
Secondo gli inquirenti non raccontarono la verità. In tutti e tre i verbali di confessione, «molletta» riconobbe la sua responsabilità e quella di chi lo accompagnava per quel delitto e alla domanda del pubblico ministero Cataldi sul motivo, Cinieri rispose: «per dei problemi per degli appalti» che avrebbero interessato imprese vicine alla malavita.
La prima conferma sull’appartenenza di Cinieri alla sacra corona unita con il ruolo di «luogotenente» per la zona di Manduria, Sava ed altri centri della fascia orientale di Taranto, risale al 5 giugno del 1995 quando i carabinieri di Francavilla Fontana vennero in possesso di una «sfoglia» (pizzino) che autorizzava il destinatario a «farsi un movimento di Santa» (rito di affiliazione alla scu), inserendo tra i mittenti i nomi di Pino Rogoli, Massimo Cinieri, Massimo Pasimeni e Antonio Vitale, il primo fondatore e gli altri capibastone della quarta mafia.