Omicidio Fina, svolta 33 anni dopo. «Uccise l'imprenditore»: la Procura chiede il processo per il boss pentito Cinieri

L’agguato nel 1989 a San Giorgio per l’aggiudicazione di un appalto. Le rivelazioni di Massimo Cinieri: «Così fu ucciso l’imprenditore»

Omicidio Fina, svolta 33 anni dopo. «Uccise l'imprenditore»: la Procura chiede il processo per il boss pentito Cinieri
di Nazareno DINOI
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Mercoledì 21 Dicembre 2022, 21:00 - Ultimo aggiornamento: 21:08

Il prossimo 19 gennaio, nell’aula del gup del tribunale di Lecce, riecheggeranno i rumori delle pistolettate e prenderanno vita le ombre dei delitti di mafia che tra il 1989 e il 1991 hanno insanguinato Taranto e la sua provincia nella faida tra clan rivali che contò 160 morti ammazzati. Al quarto piano del Palazzo di giustizia leccese, la giudice Giulia Proto riaprirà gli atti su un delitto avvenuto ben 33 anni fa. 
Alla sbarra ci sarà uno dei protagonisti di quella guerra spietata: il manduriano Massimo Cinieri, detto “Massimino molletta”, personaggio di spicco della Sacra corona unita, tra i primi collaboratori di giustizia dell’epoca le cui dichiarazioni diedero una spallata alla malavita organizzata di tutto il nord Salento, consentendo agli inquirenti di individuare i responsabili di molti assassini rimasti sino ad allora impuniti.

Cosa successe

Per uno di questi ora il 55enne pentito rischia il processo a più di 33 anni dalla morte della vittima, l’imprenditore di San Giorgio Ionico, Gaetano Fina, assassinato l’11 luglio del 1989 nel suo comune di residenza.

Difeso dal suo avvocato di fiducia Giuseppe Bucciante del foro di Roma, Cinieri, che dal 2001 gode di un programma di protezione in una località segreta, deve rispondere di concorso in omicidio aggravato da futili motivi, reati per i quali rischia di essere processato per un delitto che ha già confessato all’epoca del suo pentimento. A chiedere il rinvio a giudizio per Massimo Cinieri, originario di Francavilla Fontana, è stato il procuratore aggiunto della Dda di Lecce, Guglielmo Cataldi, lo stesso che nel 2001 raccolse le sue prime dichiarazioni di corresponsabilità tra cui l’omicidio di Fina, all’indomani del primo grado del processone nato dall’operazione antimafia denominata “Oriente”. La pubblica accusa ha depositato agli atti tre verbali di interrogatorio del pentito e l’informativa della sezione anticrimine del Ros dei carabinieri di Lecce sui riscontri alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia. 

Dalle risultanze investigative di allora e dalle stesse ammissioni di Cinieri, emergeva l’interesse della criminalità per gli affari legati agli appalti con le pubbliche amministrazioni e a quanto pare, fu proprio il controllo su alcuni lavori in quell’ambito il movente del delitto Fina, titolare di una ditta di scavi e movimento terra, che avrebbe pagato con la vita l’aver messo le mani su alcuni appalti che interessavano ad amici del clan dominante su quel territorio di San Giorgio Ionico. 

La ricostruzione

Dalla ricostruzione del delitto, fatta dai carabinieri lo stesso giorno in cui fu commesso, viene fuori la seguente scena. Poco dopo le tredici dell’11 luglio del 1989, in una strada in pieno centro urbano di San Giorgio Ionico, una Fiat Uno di colore blu con a bordo due persone si avvicinò all’auto guidata dall’imprenditore Fina. Uno dei due killer scese dalla macchina e freddò la vittima esplodendogli contro quattro colpi di pistola calibro 38 a canna lunga, poi salì sull’auto che si allontanò in direzione Monteiasi. Alla scena assistettero tre persone che dopo l’interrogatorio furono arrestati per favoreggiamento. 
Secondo gli inquirenti non raccontarono la verità. In tutti e tre i verbali di confessione, «molletta» riconobbe la sua responsabilità e quella di chi lo accompagnava per quel delitto e alla domanda del pubblico ministero Cataldi sul motivo, Cinieri rispose: «per dei problemi per degli appalti» che avrebbero interessato imprese vicine alla malavita. 
La prima conferma sull’appartenenza di Cinieri alla sacra corona unita con il ruolo di «luogotenente» per la zona di Manduria, Sava ed altri centri della fascia orientale di Taranto, risale al 5 giugno del 1995 quando i carabinieri di Francavilla Fontana vennero in possesso di una «sfoglia» (pizzino) che autorizzava il destinatario a «farsi un movimento di Santa» (rito di affiliazione alla scu), inserendo tra i mittenti i nomi di Pino Rogoli, Massimo Cinieri, Massimo Pasimeni e Antonio Vitale, il primo fondatore e gli altri capibastone della quarta mafia.

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