Ex Ilva, Mittal da Draghi: servono altre risorse

La direzione di Taranto di Acciaierie d'Italia
La direzione di Taranto di Acciaierie d'Italia
di Domenico PALMIOTTI
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Martedì 19 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 18:05

Mittal, azionista di maggioranza di Acciaierie d’Italia, ha avuto alcune settimane fa un confronto col premier Mario Draghi sul futuro dell’ex Ilva. Ma, secondo quanto ricostruito da "Quotidiano" con alcune fonti, il confronto non è stato chiarificatore. Né ha impresso una svolta alla situazione dell’azienda. 
Mittal avrebbe posto al Governo il problema delle nuove risorse che servono per gli investimenti e rilanciare la fabbrica. Ancora una volta sarebbero emersi i vincoli di un contratto, quello di dicembre 2020, che vede la parte pubblica, con Invitalia, avere pochi margini di manovra. Almeno sin quando i rapporti societari in Acciaierie d’Italia resteranno gli attuali, con lo Stato in minoranza e il privato in maggioranza. E che i rapporti resteranno tali anche dopo maggio è ormai scontato. Tra un mese, infatti, contrariamente alle previsioni di fine 2020, non ci sarà alcun passaggio dello Stato al 60%. Questo perché nessuna delle condizioni preliminari (tra cui dissequestro e modifica del piano ambientale sulla base del nuovo piano industriale) si sarà nel frattempo verificata. E quindi si dovrà andare ad una revisione del contratto. 

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La cassa integrazione


In quanto alla cassa integrazione straordinaria per un anno, scattata in tutto il gruppo dal 28 marzo (3.000 i dipendenti interessati come numero massimo, di cui 2.500 a Taranto), qualche giorno fa il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha dichiarato che il dossier è all’esame dell’Inps per l’autorizzazione.

Ma non dovrebbero esserci problemi sull’ok dell’Inps. Se così non fosse, è chiaro che si aprirebbe immediatamente un problema di copertura per i lavoratori sospesi temporaneamente dall’azienda. Lo stesso Orlando, su pressing sindacale, dovrebbe riconvocare azienda e sindacati nel giro di alcune settimane dopo il mancato accordo sulla cassa straordinaria. Una convocazione che non è certo finalizzata ad un nuovo tentativo di intesa ma a vedere come sta andando la situazione.

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"Se la produzione di acciaio non sarà risalita, è evidente che l’obiettivo finale di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio nel 2022 ha scarse, se non nulle, possibilità di essere realizzato e quindi si conferma che Mittal ha solo l’interesse di tenere lo stabilimento di Taranto a basso regime", commentano i sindacati. 
“Stiamo investendo in ricerca e sviluppo” ha detto nei giorni scorsi il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, incontrando Confindustria Taranto. Bernabé ha rilanciato il piano dell’azienda che verte sulla decarbonizzazione. Un piano, ha evidenziato Bernabè a Confindustria Taranto, “che per il momento è tecnico-industriale, che dovrà trovare una sua stabilità di azionariato e i suoi punti di finanziamento, ma che è sicuramente un piano dove le idee sulle cose da fare sono ben precise e che presenta delle tempistiche definite e molto articolate”. E in occasione del precetto pasquale dei dipendenti della fabbrica, Bernabè ha dichiarato: “Il nostro progetto è restituire a Taranto una entità industriale sana, forte, rispettosa dell’ambiente, creatrice di ricchezza e prosperità per tutto il territorio”. 
Dichiarazioni che guardano sicuramente alla prospettiva, che è da costruire, mentre l’oggi presenta tutt’altro quadro.

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L'esodo dei dirigenti

In Acciaierie d’Italia continua infatti l’esodo dei dirigenti. Ultimo a lasciare, per approdare, pare, in uno stabilimento in Belgio dei Riva (ex proprietari e gestori della fabbrica prima del commissariamento di Stato di giugno 2013), è stato Giovanni Donvito. Da qualche mese aveva assunto la guida dell’acciaieria al posto di Vito Ancona, trasferito al settore Energia. Ancona, a fine 2021, ebbe un dissenso con i vertici dello stabilimento di Taranto circa l’avvio di una linea di colata continua in acciaieria alla vigilia di Natale e si mise (o fu messo) in ferie sino all’Epifania. In quell’occasione, a quanto pare, Ancona manifestò la difficoltà a far ripartire una linea di colata continua a poche ore dal Natale. Difficoltà dovute al reperimento della forza lavoro. Ma l’azienda decise di proseguire egualmente e incaricò il personale della vigilanza di consegnare direttamente a casa dei dipendenti interessati, le lettere di chiamata al lavoro. Il posto di Donvito in acciaieria dovrebbe ora essere assunto da Vincenzo Sardelli. Prima di Donvito, diverse figure apicali hanno lasciato la fabbrica. Senza trascurare che a gennaio 2020 tutti gli uomini che Mittal aveva portato in Italia, lasciarono i posti occupati a Taranto. Si disse allora per “italianizzare” il siderurgico, valorizzare le risorse interne, rilanciare la produzione e ricostruire un rapporto con le istituzioni e il territorio. Oltre due anni dopo, però, non è che si sia vista una svolta su questi fronti. Quanto accaduto nei giorni scorsi sia a Taranto (l’improvvisa caduta in acciaieria 2 dello snorkel, una pesante struttura che entra nella siviera per modificare i valori dell’acciaio, che l’azienda imputa però ad una errata manovra degli operatori) che a Genova, con l’Asl ligure che dopo due incidenti ha fermato il treno di laminazione della latta, confermano, per i sindacati, una crisi di sicurezza. E che investimenti e manutenzioni non sono adeguati alle necessità.

Le vicende giudiziarie


Infine, è atteso nei prossimi giorni il parere della Procura di Taranto (lo sta predisponendo il pm Mariano Buccoliero) sulla richiesta di dissequestro dell’area a caldo avanzata alla Corte d’Assise dagli avvocati di Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti. I legali sostengono che la situazione della fabbrica è cambiata dieci anni dopo il sequestro e che le prescrizioni ambientali sono ormai attuate al 90 per cento. Va però ricordato che nella sentenza del processo “Ambiente Svenduto” di fine maggio 2021, di cui non sono ancora uscite le motivazioni (si attendono pare a fine mese), la Corte d’Assise ha disposto la confisca degli stessi impianti. 

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