Ilva, la riorganizzazione targata ArcelorMittal

Ilva, la riorganizzazione targata ArcelorMittal
di Alessio PIGNATELLI
3 Minuti di Lettura
Sabato 3 Novembre 2018, 18:31
Il clima in fabbrica è un crogiolo di sentimenti. Ansie, tensioni, preoccupazioni e interrogativi che si fondono proprio come metalli. Sono tantissimi gli operai dell'Ilva di Taranto che hanno vissuto il passaggio dall'Ilva parastatale a quella del padrone Emilio Riva per poi vivere anni di transizione in Amministrazione straordinaria. E adesso è arrivata la multinazionale, ArcelorMittal. Per gli 8.200 prescelti è già realtà. Gli altri - sulla carta circa 2.500 ma bisogna sottrarre coloro che hanno firmato l'uscita anticipata e incentivata - sono in cassa integrazione straordinaria con l'Amministrazione straordinaria.
Sono trascorsi due giorni appena sotto l'egida del colosso dell'acciaio e, come normale che sia, la quotidianità è quasi la stessa. Le sensazioni no. Perché si vive in attesa di veri e propri cambiamenti che dal primo gennaio potranno essere effettivi ma qualcosa già è intravedibile. Per esempio la possibilità concreta di accorpare mansioni e reparti snellendo le fasi di lavoro. Aggiungendo, magari, la richiesta di versatilità ad alcune tipologie di operai. O, ancora, le esternalizzazioni di alcuni servizi già nell'aria perché il modello di ArcelorMittal era stato già palesato. A chi è rimasto in Amministrazione straordinaria, il badge è stato immediatamente disattivato ed è già scattata la cassa integrazione. Per i trasporti, il documento di carico ha già l'intestazione di ArcelorMittal.
«Al momento entriamo in fabbrica con il vecchio badge - racconta Vincenzo La Neve operaio e rappresentante sindacale unitario della Fim Cisl rimasto con Mittal - sono giornate calde per quanto riguarda la nuova gestione e i problemi che si sono verificati nei criteri applicati dall'azienda per la selezione del personale. Sicuramente c'è molta confusione e aspettiamo giovedì prossimo per avere dei chiarimenti».
La prossima settimana, al Mise, ci sarà un confronto tra le organizzazioni sindacali e la proprietà sui criteri che hanno determinato il personale della nuova Ilva composta da 8.200 unità e l'Amministrazione straordinaria in cui confluiscono circa 2.500 persone al netto di chi ha già optato per lo strumento dell'incentivo all'esodo volontario. E di chi ancora preferirà la liquidazione da 100mila euro lordi in queste giornate.
Intanto, però, la vita dei prescelti in fabbrica va avanti. «Tecnicamente siamo ancora in una fase transitoria che durerà fino al 31 dicembre - prosegue La Neve - hanno riconfermato la stessa fascia di comando e stanno cercando di accorpare quante più mansioni possibili. Eravamo abituati con i Riva a una politica industriale completamente differente. Nello spaccato area per area consegnato alle organizzazioni sindacali, ArcelorMittal non faceva riferimento a riduzioni nell'area pronto intervento acciaieria: ci troviamo invece con un taglio del 50%. Idem per l'Area 12 e il dta, il trattamento acque. Alcune mansioni come le pulizie civili sono state completamente terziarizzate. Non ci hanno ancora informato sulla turnistica, non sappiamo molto ma il sentore è che i nuovi proprietari saranno più esigenti».
All'epoca della vendita agli industriali milanesi, ci furono internalizzazioni e scorpori: la realizzazione di un capannone apposito per i lavori di carpenteria seguiva quel modello. Adesso si andrà in senso opposto. «Stiamo notando degli accorpamenti rispetto al passato - conferma Vito Pastore, rsu della Uilm - faccio un esempio pratico: nei tubifici, prima il personale era suddiviso in Tubificio1, Tubificio2 ed Erw. Adesso, hanno formato squadre che possono lavorare indifferentemente su tutti e tre gli impianti».
Una polifunzionalità che rischia di diventare terreno di scontro con i sindacati. Perché se alcune richieste sono scontate in altri ambiti e modelli europei, in Italia possono rappresentare uno scoglio nei rapporti con le organizzazioni sindacali: «Questa è una fase di riorganizzazione, gli assunti devono essere incasellati e alcuni di loro stanno facendo formazione sulle postazioni tecnologiche - conclude Francesco Brigati lavoratore Ilva e componente della segreteria della Fiom Cgil - non ci saranno grandi stravolgimenti a breve. Ci sono diversi stati d'animo in fabbrica ma c'è stata una cosa che mi ha colpito. Nonostante sia stata descritta come un'azienda brutta e sporca, dentro ci sono uomini e colleghi con anni di condivisione di sentimenti, gioie e dolori. Tanti vogliono guadagnarsi il pane e non ambiscono a un ammortizzatore. È difficile leggere certe dinamiche dall'esterno e soprattutto comprendere un aspetto: la grande dignità di tanti operai».
© RIPRODUZIONE RISERVATA