Ilva, un muro di gomma. Sindaci ed enti locali uniti contro lo stabilimento

Ilva, un muro di gomma. Sindaci ed enti locali uniti contro lo stabilimento
di Alessio PIGNATELLI
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Domenica 5 Luglio 2020, 11:30
Un'Ilva più piccola, senza area a caldo e con gli esuberi gestiti da un accordo di programma. Una prospettiva per scardinare le trattative romane o milanesi svolte sopra le teste di Taranto. Gli enti locali provano a entrare nella vertenza ArcelorMittal gestita dal governo ed equiparata a un muro di gomma o alla vicenda Ustica, tra segreti e nascondimenti. Chiedendo un paradigma nuovo, un coinvolgimento vero e un taglio col passato. E anche col presente, sia chiaro, perché ormai la multinazionale francoindiana non è più considerata soggetto affidabile.

Alla conferenza di ieri, il fronte era composto dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, dal presidente della Provincia, Giovanni Gugliotti, dai sindaci dell'area di crisi ambientale e da Luigi Sportelli, rappresentante della task force camerale su ArcelorMittal: è stato presentato un documento unitario in cui ci si rivolge al governo auspicando un'urgente convocazione del tavolo per l'accordo di programma sul futuro dello stabilimento siderurgico di Taranto. Una piattaforma che è certamente tutta da costruire, forse con un tempo di maturazione medio-lungo ma che è ritenuta l'unico strumento utile a pacificare questa situazione, a superare finalmente questo periodo di grande crisi e a funzionare da cabina di regia per gli investimenti in tecnologia e per la transizione giusta, oltre che per dare una prospettiva ai lavoratori destinati all'esubero, al di là di ogni ipocrisia sul punto. Già ma come, considerando i numeri e le caratteristiche ben differenti degli stabilimenti di Genova e Trieste rispetto a Taranto dove sono ancora impiegati 8.200 addetti? Senza considerare l'indotto locale che già ora soffre di enormi difficoltà.

«Se chiedete a me, l'ipotesi più plausibile è la chiusura dell'area a caldo - ha affermato Melucci - in ogni caso stiamo pensando di dotarci di consulenze tecniche di alto livello. Io non lo so come si chiude l'area a caldo ma altrove l'hanno fatto e stiamo cercando di rintracciare profili accademici che ci accompagnino in questo percorso. Se poi l'accordo di programma dovesse intravedere altre soluzioni tecniche, saremmo le persone più contente del mondo». Il modello è quindi tutto da studiare, ha aggiunto il sindaco di Taranto escludendo però soluzioni ancorate allo scorso secolo. «Un'Ilva più piccola comunque avrà degli esuberi, stanno raccontando diverse bugie: io risparmierei tempo ed eviterei di dire frottole perché non se ne uscirà con esuberi zero».

Melucci ha poi annunciato che si valuteranno «tutti i passaggi doverosi: il governo si fermi, mandi via Mittal, chiami il territorio e apra il tavolo dell'accordo di programma. Altro non ci serve». Citate anche le organizzazioni sindacali alle quali è destinato un invito al dialogo: «Ci rendiamo conto che ognuno ha un ruolo specifico, obiettivi differenti ma è il momento di stare insieme, di parlarsi, di far cadere i pregiudizi e di non patteggiare per nessun altro che non sia il territorio. Spero che anche i sindacati vorranno raccogliere quest'invito che prelude a qualcosa di faticoso».

«Il governo si sta comportando malissimo - ha rilevato il presidente della Provincia di Taranto, Gugliotti - E non è con la promessa di un finanziamento in altre sedi che può pensare di recuperare un rapporto con Taranto. Per noi la madre di tutte le battaglie è la questione Ilva perché stanno maltrattando i nostri concittadini. Penso ai lavoratori, per non parlare di tutte le aziende che sono praticamente ridotte al lastrico. Poi una stoccata alla politica: ai candidati presidenti della regione Puglia, compreso Michele Emiliano, affinché sia presa «una posizione molto chiara e definitiva» e a tutti i parlamentari di Taranto e gli europarlamentari del Meridione per un messaggio di unità e di stanchezza. «Siamo stati presi in giro da diversi governi di diversi colori, quindi o si cambia marcia, o Taranto non ci sta più».
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