Il vero snodo non sembra più lo scudo penale ma la continuità degli altiforni dell'ex Ilva.
I motori senza i quali non si può produrre acciaio. In pericolo, immediatamente, c'è l'altoforno 2. Entro il 13 dicembre dovrà essere rimesso a norma. Altrimenti verrà spento. E gli interventi a catena, indicati per il numero 2, potrebbero allargarsi - per la garanzia della sicurezza degli operai - anche agli altri due altiforni in marcia nello stabilimento di Taranto. Spenti i motori, non ci sarebbe più produzione di acciaio. Esattamente come quando a Cornigliano, l'ex Ilva di Genova bloccò l'altoforno fermando la produzione a caldo e spostandola in riva allo Jonio. A Taranto i Riva compensarono l'acciaio che non producevano più - per motivi di vicinanza ambientale tra le case di Cornigliano e la fabbrica - in Liguria. I timori di ArcelorMittal - scritti nell'atto in cui danno l'addio a Taranto - sono legati proprio alla prosecuzione dell'attività dell'afo2. Di questo si è parlato l'altro ieri nel vertice tra Procura di Taranto e i commissari dell'Ilva in amministrazione straordinaria. Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo, in un incontro con il procuratore capo Carlo Maria Capristo, hanno discusso dei tempi per sistemare l'altoforno sottoposto a sequestro nel giugno 2015 dopo l'incidente in cui perse la vita l'operaio martinese Alessandro Morricella.
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I tre commissari potrebbero presentare una istanza all'autorità giudiziaria di Taranto per chiedere la proroga del termine del 13 dicembre fissato dal tribunale per la realizzazione degli adeguamenti di sicurezza di quell'impianto. Le attività da realizzare (tra le quali caricamento automatico) sono lunghe. Entro la prossima settimana i commissari dovrebbero presentare l'analisi di rischio sull'impianto e nel giro dei dieci giorni successivi, i progetti di dettaglio sui quali far poi partire gli ordini. Il tutto dovrebbe essere completato nel giro di un anno, i tempi di installazione delle macchine vengono quantificati da sei ad otto mesi. Dopo l'infortunio mortale e il sequestro senza facoltà d'uso della Procura, un decreto legge del Governo ha permesso l'operatività di quell'impianto. A condizione di lavori di messa in sicurezza da farsi. Prescrizioni effettuate solo in parte e per le quali si è assistito ad una complessa battaglia giudiziaria fatta di ricorsi e perizie. Adesso si potrebbe chiedere una proroga ma per ArcelorMittal, come scritto nell'atto di citazione in cui si chiede la revoca del contratto di affitto dell'ex Ilva «allo stato, manca qualsiasi conferma(...) e non è affatto probabile che sia concessa un'ulteriore proroga del termine per la materiale realizzazione dei lavori».
T. Fab.
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Il vero snodo non sembra più lo scudo penale ma la continuità degli altiforni
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Sabato 9 Novembre 2019, 20:50
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