Il sindaco Melucci: «Pensiamo già al dopo Mittal». Patuanelli: «Azienda non in grado di portare avanti il piano industriale»

Il sindaco Melucci: «Pensiamo già al dopo Mittal». Patuanelli: «Azienda non in grado di portare avanti il piano industriale»
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Giovedì 7 Novembre 2019, 15:12 - Ultimo aggiornamento: 16:40
Mentre si attendono gli esiti del serrato confronto di queste ore tra governo, azienda e sindacati, il sindaco Rinaldo Melucci e guarda alla prospettiva di un futuro senza Arcelor Mittal. Il primo cittadino di Taranto anticipa: "Pensiamo già al dopo ArcelorMittal, per il bene di Taranto e dell’Italia. Vogliamo approfittare di questa crisi, che potrebbe cambiare per sempre lo scenario socio-economico nazionale e non solo, per ridiscutere l’intera governance e le priorità di quello stabilimento. Vogliamo che sia restituita centralità e dignità all’uomo e alla comunità locale, prima che al profitto e al pil. Non ci stracciamo, dunque, le vesti se AcelorMittal minaccia di andarsene.
L’Ilva non può essere un fatto italiano quando ci si avvicina alla catastrofe e tornare ad essere una croce tutta tarantina nel resto del tempo. Abbiamo provato ad instaurare con il colosso franco-indiano un rapporto costruttivo ed equilibrato in questo anno, ma nessuna sostanziale collaborazione è stata fornita da quella azienda a Taranto. L’arretramento da promesse e proclami sia su lavoro e indotto che su l’ambiente è oggi assai visibile. Non pensiamo che ArcelorMittal voglia rimanere qui, pensiamo invece che sia solo una scusa quella dello scudo penale. E lo dimostra il fatto che il Governo nel tavolo tenuto ieri ha subito assicurato il ripristino dell’immunità senza alcun risultato. Pensiamo invece che ArcelorMittal abbia sbagliato il piano industriale e non sia adesso in grado di rispettare gli impegni presi. E allora, sia il tavolo di crisi un tavolo negoziale ex novo, su tutti gli obiettivi mancati dall’investitore, per andare avanti con o senza di esso, a tutela di lavoratori e cittadini. Questa volta le regole le detta Taranto, però. Sulla governance della nuova Ilva si gioca perciò la battaglia finale, non solo per l’occupazione e la siderurgia italiana, ma soprattutto per la salute dei tarantini, e questo un privato o uno straniero da solo non lo capirà mai. Siamo certi che su queste basi, con questi obiettivi chiari in mente, troveremo tutti gli attori e le istituzioni unite per cogliere questa svolta e trasformare l’ennesima drammatica crisi in una opportunità per Taranto".

ArcelorMittal in nessun modo si impegna a produrre più di 4 milioni di tonnellate di acciaio l'anno e chiede 5 mila esuberi, non dà garanzie che queste siano misure di contingenza». Così il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, parlando in Aula alla Camera dell'ex Ilva. Non solo. «A prescindere da tutte le questioni aperte anche risolte ArceloMittal non dà alcuna garanzia a che queste misure siano contingenti vista la difficoltà del mercato dell'acciaio ma ritiene strutturale quell'impegno», prosegue ancora Patuanelli che ringrazia il Presidente del Consiglio «per aver voluto prendere in carico questa vertenza immediatamente appena esplosa». «Il presidente del Consiglio da subito ha manifestato la disponibilità del governo a fare tutto quello che il governo può fare mantenendo il principio della separazione dei poteri perché presso i tribunali non possiamo intervenire», aggiunge il ministro ancora in aperta polemica con A.Mittal che tra i motivi del recesso ha indicato, nella citazione presentata al tribunale di Milano, anche l'intervento dei giudici di Taranto sull'Afo2. Il governo comunque, prosegue Patuanelli, ha esplicitamente chiesto a Mittal «di garantire l'impegno al rispetto del piano industriale, del piano occupazionale, dell'accordo sindacale e del contratto sottoscritto. Questo è stato l'impegno che Conte ha preso davanti a vertici di ArcelorMittal e per tutta risposta Mittal ha risposto in modo univoco: una produzione di non più di 4 milioni di tonnellate ed esuberi per 5 mila lavoratori»
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