Il report dell’ex Ilva: calano le emissioni a Taranto

Il siderurgico di Taranto
Il siderurgico di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 7 Ottobre 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 14:37

La pandemia e la brusca frenata registrata da ordini e produzione di acciaio ha compresso i ricavi di esercizio nel 2020. Ma l’anno successivo, grazie alla ripresa, i ricavi si sono raddoppiati passando da 1,618 miliardi a 3,387 miliardi. Stesso trend per il valore economico direttamente generato dal siderurgico di Taranto, passato da 1,692 (2020) a 3,387 miliardi (2021). Sul fronte ambientale, il più spinoso, le emissioni convogliate e diffuse di polveri sono passate da 8.320 tonnellate anno del 2011, anno dell’Aia, a 759 tonnellate anno nella media dal 2019 al 2021. Emissioni in calo, dunque, e l’azienda lo evidenzia.
Ecco alcuni dei tanti dati che si trovano nel bilancio di sostenibilità di Acciaierie d’Italia, ex Ilva.

Il bilancio di sostenibilità

Un volume di 208 pagine. Un rapporto approvato dal cda dell’azienda, il primo dell’era Lucia Morselli, che si concentra sul 2021 ma anche con numeri del 2020, 2019 e 2011. Erano dagli anni di Riva, precedenti proprietari e gestori della fabbrica - usciti definitivamente di scena col commissariamento deciso dal Governo a giugno 2013, un anno dopo il sequestro degli impianti - che l’ex Ilva non produceva un bilancio di questo tipo. Che differisce da quello economico perchè offre una lettura a più ampio spettro della presenza e dell’attività dell’azienda. Infatti accanto ai dati economici, ci sono quelli relativi alle forniture, alle emissioni inquinanti, ai rifiuti, al riciclo, agli infortuni sul lavoro (in calo), alle ore di formazione. 
In premessa, Acciaierie d’Italia spiega che “avvia un percorso annuale di rendicontazione in tema di sostenibilità” e “si impegna a fornire informazioni d’interesse per i propri stakeholder”, cioè la platea di quanti gravitano attorno all’ex Ilva, direttamente e indirettamente.

La produzione

Spulciando i numeri, sulla produzione di un valore economico per 3,387 miliardi nel 2021, 3,443 miliardi costituiscono il valore distribuito, di cui 349,556 milioni sotto forma di stipendi e benefit ai dipendenti, 11,977 milioni come pagamenti a fornitori di capitale (commissioni su fideiussioni, oneri di factoring, interessi ed altri oneri finanziari), 26,762 milioni come pagamenti alla pubblica amministrazione. I costi operativi sono passati da 1,605 miliardi del 2020 a 3,055 dello scorso anno.  L’incremento è dipeso dalla ripresa produttiva post Covid con lo stabilimento passato da 3,4 milioni di tonnellate di acciaio del 2020 ai 4,1 milioni del 2021. Dettagliando i costi operativi, si hanno 1,542 miliardi per materie prime e merci e 1,148 miliardi per servizi. Il margine operativo lordo, valore relativo alla redditività aziendale, nel 2021 è stato positivo per 364.858 milioni contro un dato negativo di 177 milioni del 2020. L’utile di esercizio è stato di 325 milioni contro un risultato negativo di 266 milioni del 2020. “L’esercizio si è concluso senza indebitamento finanziario” annota il report a proposito dello scorso anno.

La centralità di Taranto


Il bilancio di sostenibilità rileva che “lo stabilimento AdI di Taranto rappresenta il cluster a maggiore impatto” e che l’anno scorso su un totale ordinato di 3.915 milioni di euro, l’85 per cento ha riguardato Taranto con 3.319 milioni. La distribuzione degli ordini ha riguardato per 2.070 milioni i materiali, per 721 milioni prestazioni e servizi, per 528 milioni energy & utilities. Rispetto ad un totale ordini verso l’area di Taranto per 2.204 milioni nel 2019 e per 1.900 milioni nel 2020, gli oltre 3mila milioni dello scorso anno evidenziano la ripresa post pandemia quando ancora la guerra non era scoppiata.
E ancora, si legge nel report, l’anno scorso, su un totale di 2.100 fornitori di cui l’ex Ilva si è avvalsa, circa 320 avevano sede in Puglia, pari al 15,2 per cento del totale dei fornitori, 221 dei quali nella provincia di Taranto, pari al 70 per cento dei fornitori pugliesi.

Il tema ambientale


Molto spazio è dedicato al tema ambiente. Acciaierie d’Italia richiama il rapporto di Legambiente del 2022, “Mal’aria di città”, e rilancia che rispetto al 2011, anno di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale, la media del triennio di rendicontazione (2019-2021) vede “una netta riduzione dei valori emissivi”. Prendendo come unità di misura il microgrammo per metro cubo d’aria, il PM10 passa infatti da 37 del 2011 a 24,33 del triennio mentre il PM 2,5 da 19 a 11,67. Invece il benzoapirene, che rientra tra gli idrocarburi policiclici aromatici, scende a 0,18 nanogrammi per metro cubo d’aria. Dal dossier Legambiente, pubblicato quest’anno ma riferito al 2021, su 102 città campionate - si legge nel report di AdI - Taranto si colloca per il PM10 al 65esimo posto, con una concentrazione media annua rilevata di 21 microgrammi per metro cubo di aria mentre il limite fissato dalla norma è di 40 microgrammi. Per il PM 2,5, Taranto è invece al 73esimo posto con 11 microgrammi per metro cubo, limite previsto di 25 microgrammi come media annua. Infine, per il biossido di azoto Taranto è 35esima su 100 città: qui il valore misurato è di 25 microgrammi per metro cubo contro il limite di 40 come media annua.
Il report fornisce poi altri dati relativi all’ambiente.

Rivela che nel 2021 a Taranto sono state recuperate 279.209 tonnellate di materiali ferrosi, cui si sommano 424.685 tonnellate di rottami riciclati. Con questo materiale é stato prodotto il 17,6 per cento dell’acciaio, valore calcolato sulle tonnellate di bramme nette e in aumento rispetto al 2020 quando la percentuale è stata del 16,6. Sui rifiuti, invece, il rapporto evidenzia che la produzione del 2021 è stata pari a 1,767 milioni di tonnellate, di cui 1,751 milioni non pericolosi e 15.869 pericolosi. Poco più di un milione di tonnellate è andato al recupero interno, 258.596 tonnellate al recupero esterno, 361.424 tonnellate allo smaltimento interno e 104.406 a quello esterno.

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