Gru in mare, muore un operaio: otto indagati per omicidio colposo

Gru in mare, muore un operaio: otto indagati per omicidio colposo
di Francesco CASULA
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Domenica 14 Luglio 2019, 12:05 - Ultimo aggiornamento: 12:57

Sono otto al momento gli indagati per la morte di Cosimo Massaro, 40enne operaio dell'ex Ilva di Taranto precipitato in mare con la gru il 10 luglio scorso.
Ieri pomeriggio, poco dopo aver recuperato il corpo dell'operaio originario di Fragagnano, la procura di Taranto ha spedito i primi avvisi di garanzia a otto dirigenti della fabbrica: i militari della Guardia costiera hanno notificato il provvedimento di sequestro dell'area firmato dal procuratore Carlo Maria Capristo e dai sostituti Raffaele Graziano e Filomena Di Tursi che stanno coordinando l'inchiesta contestando l'ipotesi di reato di omicidio colposo.

Sui nomi al momento vige il più stretto riserbo, ma come avvenuto per la morte di Francesco Zaccaria, le accuse potrebbero partire dai capi reparto ai capi area per arrivare, risalendo la catena gerarchica dello stabilimento, in alto fino ai vertici della società. Ma non solo. Il numero di persone iscritte nel registro degli indagati, infatti, è destinato ad aumentare. La procura, infatti, ha già acceso i riflettori su diversi aspetti che riguardano la vicenda: primo tra tutti la manutenzione.

La gru DM5, come ha confermato in conferenza stampa il procuratore Capristo, tra il 2012 e il 2019 è stata sottoposta ad interventi di manutenzione: dopo l'incidente del 2012 in cui perse la vita Francesco Zaccaria, la mega struttura spezzata dai venti che soffiavano a oltre 110 chilometri orari, è stata oggetto di lavori di ripristino e quindi anche di un collaudo.
La procura, quindi, dovrà accertare se vi sono state negligenze da parte non solo dell'azienda, ma anche di eventuali responsabili di società esterne che hanno certificato la piena utilizzabilità del mezzo meccanico. Un punto sul quale, in particolare, stanno effettuando accertamenti i tecnici dello Spesal.

Nel 2012 per l'omicidio colposo di Zaccaria sono finiti sotto processo l'allora direttore di stabilimento Adolfo Buffo, il dirigente Antonio Colucci, il capo reparto Giuseppe Di Noi e anche un ispettore tecnico dell'Arpa Puglia, Giovanni Raffaelli: per quest'ultimo l'accusa era proprio di non aver effettuato un'idonea «verifica sull'integrità» della gru.
All'epoca i pubblici ministeri individuarono tra le responsabilità degli imputati anche il mancato ammodernamento degli impianti e a proposito della morte di Zaccaria e di altri due operai avvenuti in quel 2012, scrissero che «La mancata attuazione di un modello organizzativo e gestionale adeguato rispetto alla complessità aziendale di che trattasi ha rappresentato concausa non trascurabile in relazione agli infortuni occorsi negli ultimi mesi che hanno comportato lesioni gravissime di un lavoratore e il decesso di altri tre operatori, tutti impegnati nello svolgimento delle proprie attività lavorative, svolte in assenza di adeguate istruzioni operative e di misure tecniche atte a prevenire e ridurre i rischi per la salute e la sicurezza degli stessi».

Il fascicolo è poi confluito nel maxi processo «ambiente svenduto» e pende oggi dinanzi alla corte d'assise di Taranto. Nelle prossime ore, quindi, per consentire agli indagati di nominare un consulente che partecipi all'esame autoptico, la procura invierà nuovi avvisi di garanzia. L'autopsia sarà fatta in tempi rapidi ha chiarito il capo degli inquirenti tarantini per consentire l'immediata restituzione della salma alla famiglia e concedere una degna sepoltura.

Già ieri pomeriggio prima sul molo e poi nella sala mortuaria dell'ospedale, il medico legale Marcello Chironi su incarico della procura, ha effettuato una prima ispezione del cadavere: sul corpo sono state individuate diversi segni dell'impatto tra il corpo dell'operaio e la struttura della gru. Sarà tuttavia l'autopsia a chiarire se il decesso è avvenuto a causa dei traumi o per annegamento.

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