Gand “strega” i sindacati
«Fabbrica all’avanguardia»

Gand “strega” i sindacati «Fabbrica all’avanguardia»
di Alessio PIGNATELLI
5 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Gennaio 2018, 05:10 - Ultimo aggiornamento: 12:00

Impressioni generali estremamente positive. In particolare per quanto concerne pulizia, efficienza e organizzazione del lavoro. Il tutto favorito da condizioni atmosferiche privilegiate - ben diverse da quelle tarantine - e da una posizione strategica, a circa venti chilometri dal centro abitato.
La due giorni dei sindacati a Gand, sede della fabbrica siderurgica di ArcelorMittal, è servita a fare paragoni e a immaginare come potrebbe essere la nuova Ilva. Attenzione, però: c’è una tara da scremare perché le sensazioni buone devono essere basate su alcuni presupposti difficilmente ripetibili a Taranto.
In primis, quelli meteorologici: nella cittadina belga le precipitazioni piovose sono in media per 200 giorni all’anno. Non un dettaglio. Poi, le proporzioni: l’area è circa la metà rispetto alla fabbrica jonica. E, soprattutto, è distante rispetto al centro di Gand: non esiste una sovrapposizione come nel rione dei Tamburi colorato di rosso a causa dei tanti anni di fumi e incuria. Complessivamente, però, la delegazione sindacale è rimasta notevolmente soddisfatta. Fiom, Fim, Uilm e Usb, una volta tanto, sono state d’accordo nel giudicare il tour all’interno di quella che il colosso dell’acciaio considera il modello da seguire per l’Ilva.
Uno stabilimento d’avanguardia: due altoforni a tre caldaie, un canale navigabile all’interno della fabbrica dove navi da 70mila tonnellate caricano e scaricano direttamente le materie prime, un parco di materie prime scoperto proprio accanto e il centro di ricerca e sviluppo all’interno dell’area. Questa la descrizione dei rappresentanti sindacali appena tornati dal Belgio: in mente è rimasto soprattutto il doppio sistema di captazione delle polveri e dei fumi. In sostanza, l’aspirazione avviene a 15 centimetri dal convertitore ed è praticamente impossibile il fenomeno dello slopping - i fumi rossastri che si levano dai camini dell’Ilva - in quanto polveri e fumi sono intrappolati immediatamente in due differenti fasi.
«Sono stati due giorni molto interessanti - racconta Giuseppe Romano, segretario della Fiom di Taranto - non esistono nastri trasportatori poiché l’approvvigionamento avviene direttamente all’interno grazie al canale Gent-Terneuzen. Ci hanno accompagnato su diversi impianti: il primo giorno sulla colata continua, il secondo in acciaieria. Ci sono elementi di automazione spinta che continuano a implementare. È un’azienda oggettivamente più piccola ma ben organizzata nata anch’essa sessant’anni fa. All’interno abbiamo visto parchi eolici per l’utilizzo di energia alternativa. Di certo, non sono sprovveduti ma ci sono alcune differenze da sottolineare: la distanza dalla città è importante».
Molto diversa anche la cultura industriale in cui opera ArcelorMittal. I sindacati sono rimasti sbalorditi da una sorta di autogestione della forza lavoro in cui tutti - operai e quadri - sono responsabilizzati. Poca vigilanza e grande senso di responsabilità, dunque: all’interno dei reparti non si può fumare e gli operai sono i primi a contribuire alla pulizia. Possono sembrare piccolezze rispetto ai macroproblemi di inquinamento che subisce Taranto da anni ma fa parte comunque di un processo virtuoso che fa la differenza.
«Non ci hanno nascosto nulla e non avevano ragione per farlo - è il commento di Francesco Rizzo, coordinatore dell’Unione sindacale di base di Taranto, in passato non certo tenero nei confronti della multinazionale - la fabbrica è lontana dalla città, è girata al contrario rispetto a quella tarantina in quanto tutta l’area a caldo è all’interno e i parchi sono adiacenti al canale. Gli impianti di per sé sono simili ai nostri ma molto più puliti e utilizzano tecnologie migliori: il sistema di aspirazione primario e secondario ne è un esempio. A Taranto ci sono filtri di ultima generazione che comunque non impediscono lo slopping. Lì non sanno cosa sia questo fenomeno. È replicabile qui ma ci vogliono soldi e tempo. Altre condizioni, invece, non possono esserci, in primis quelle meteo».
L’asticella si alza quando poi si introduce un altro argomento. Il wcm, acronimo di world class manufacturing, è una metodologia che viene utilizzata quando si ha l’obiettivo di controllare e ridurre i costi produttivi. In pratica ogni tipo di situazione legata agli aspetti più svariati della produzione (per esempio la manutenzione, la logistica, la sicurezza, l’organizzazione in senso lato) viene affrontata sulla base della sua incidenza economica. In Fiat ha rappresentato la svolta, se si vuole guardare agli ultimi anni in casa nostra.
«È un attacco agli sprechi per ottimizzare costi e benefici - spiega Valerio D’Alò, segretario della Fim di Taranto - per ArcelorMittal ha il doppio vantaggio di ridurre i consumi e ottenere delle certificazioni. È un’innovazione che risulta evidente come anche la pulizia degli impianti: certo, a Taranto paghiamo cinque anni di stallo ma oggettivamente non c’è paragone».
Uno stabilimento integrato dove nel giro di pochi chilometri quadrati - almeno rispetto a Taranto - coesistono impianti di laminazione a caldo, a freddo, altoforni (4,9 milioni di tonnellate prodotte nel 2017), fonderia, impianti di sinterizzazione, cokeria, parco materie prime e centrale elettrica. E pale eoliche e alberi.
«Quello che più mi ha colpito è l’organizzazione e l’automazione - chiude Antonio Talò, segretario della Uilm jonica - ci sono alcune soluzioni ingegnose e se fossero realizzate a Taranto, ne gioveremmo tutti. Hanno un sistema di controllo maniacale degli impianti, lavorano molto sulla prevenzione. C’è un ma: contano 4.700 dipendenti e 1.300 addetti dell’indotto. In Ilva i numeri sono altri e non possono essere ridotti per alcun motivo».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA