Fiume Galeso, sponde sepolte dall'amianto

Rifiuti lungo la sponda
Rifiuti lungo la sponda
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Venerdì 22 Marzo 2019, 09:40
«Un anno fa avevamo denunciato pubblicamente, con un nostro comunicato ed un vasto corredo fotografico riportati da diversi organi di informazione, lo stato di degrado in cui versavano le aree limitrofe alle sorgenti ed alla foce del Galeso, segnalando la presenza - accanto a rifiuti di ogni sorta - anche di manufatti in eternit e di apparecchiature elettriche ed elettroniche, per i quali avevamo effettuato specifica segnalazione alla polizia municipale ed all'assessorato all'ambiente del Comune di Taranto».
I volontari di Legambiente sono tornati, dopo un anno, sugli stessi luoghi, dove, nel primo giorno di primavera, accanto ad angoli idilliaci, di una struggente bellezza, irrompono autentici paesaggi infernali, una sorta di bolgia dantesca.
Le strade di accesso alle aree delle sorgenti e della foce infatti sono una ininterrotta discarica a cielo aperto di ogni sorta di rifiuti (materiali edili, calcinacci, sanitari, mobili, elettrodomestici, bottiglie, residui organici, plastica, vetri) che prorompono dalla vegetazione e la sovrastano. Tra essi risalta la presenza di rifiuti pericolosi, in amianto, e di Raae, con il loro possibile carico di sostanze nocive per l'ambiente e la salute, come i metalli pesanti.
Le foto scattate ieri parlano da sole. Di degrado, di illegalità, di incuria.
«Con stupore abbiamo riconosciuto tra queste montagne di rifiuti i manufatti in eternit e i Raae che avevamo denunciato un anno fa», afferma Legambiente.
«Con incredulità abbiamo visto sul sito del Commissario alle bonifiche di Taranto, nel Dossier fotografico relativo a Marzo 2016 - Bonifica e riqualificazione ambientale delle sponde e delle aree contermini il Mar Piccolo, Campagna di sopralluoghi per l'individuazione, censimento e mappatura dei rifiuti presenti sulle sponde del Mar Piccolo e delle aree contigue, una foto che ritrae il sottopasso posto sotto la superstrada che scavalca il Galeso che risultava già allora ingombro di rifiuti».
Oggi lo è a tal punto da lasciare percorribile in auto a malapena uno stretto corridoio centrale.
Legambiente aveva chiesto, un anno fa, un intervento straordinario di radicale pulizia dell'intera area, per asportare tutti i cumuli di rifiuti che ne distruggono la bellezza e restituirla alla piena fruibilità da parte dei tarantini. Aveva chiesto, un anno fa, che tutti gli enti e i soggetti interessati, dal Comune alla Provincia, dalla Regione al Commissario straordinario per le bonifiche, assumessero la rinascita del Galeso e del territorio che lo circonda come una priorità della propria azione portando a termine i progetti esistenti ed assicurandone, anche attraverso l'istituzione di un'area protetta, il futuro.
Fino ad oggi non è successo nulla. «Che si aspetta? Che il degrado cancelli dalla memoria dei tarantini un luogo simbolo della nostra città? Che lo assimilino definitivamente a una discarica dove è lecito abbandonare illegalmente i propri rifiuti?», si chiede l'associazione ambientalista.
Legambiente chiede che si proceda ad un intervento immediato di bonifica dell'area, che la restituisca alla normalità ed ai cittadini, e l'installazione di sistemi di videosorveglianza che costituiscano un serio disincentivo al suo utilizzo illegale da parte di ecocriminali. Vorrebbe inolre il recupero e la salvaguardia di questo pezzo di territorio. Non si parte dal nulla: negli anni passati ci sono stati interventi, finanziamenti pubblici e progetti volti alla creazione di un parco, il Parco Letterario del Fiume Galeso, con l'obiettivo di salvaguardare e valorizzare l'unico corso d'acqua che sfocia nel primo seno del Mar Piccolo, e di un Cea, un Centro di Educazione Ambientale. «Li si riprenda, li si esamini, li si modifichi, ma finalmente si agisca. Siamo stanchi di denunciare una morte annunciata: al Commissario per le bonifiche, al Comune, alla Provincia, alla Regione chiediamo fatti che diano risposta alle esigenza di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale di Taranto», conclude Legambiente.
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