Ex Ilva, ultimatum del Consiglio d'Europa: «Risposte sulla salute entro un anno»

Ex Ilva, ultimatum del Consiglio d'Europa: «Risposte sulla salute entro un anno»
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Sabato 11 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:21

Il Consiglio d’Europa continua a guardare con preoccupazione all’inquinamento causato dall’ex Ilva di Taranto. Nonostante i progressi fatti, «il livello di produzione autorizzato potrebbe ancora creare un rischio per la salute pubblica. Il rispetto delle soglie legali nazionali di inquinamento atmosferico non può escludere questo rischio».

L'ultimatum

È quanto si legge nella decisione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dopo la valutazione delle informazioni fornite dal governo, dall’Ong Strali (STRAtegic LItigation, è una associazione senza scopo di lucro costituita da sette giovani giuristi torinesi con il fine di promuovere la tutela dei diritti attraverso gli strumenti propri della strategic litigation) e dall’avvocato dei ricorrenti che hanno fatto condannare l’Italia nel 2019 dalla Corte europea dei diritti umani. 


Nello specifico Strasburgo ha tenuto conto delle informazioni fornite da Roma sui «progressi compiuti nel 2021 nell’attuazione del piano ambientale adottato dal governo nel 2014», e quelle che «mostrano una riduzione dell’impatto ambientale dell’impianto e la sostanziale conformità dei livelli di emissioni negli ultimi 4 anni agli standard stabiliti dalla legge nazionale». Ma l’esecutivo del Consiglio d’Europa si dice anche preoccupato per i dati forniti dall’avvocato dei ricorrenti sulla valutazione dell’Agenzia regionale per l’ambiente per quanto riguarda il funzionamento dello stabilimento siderurgico e il rischio che può ancora creare per i cittadini di Taranto e dintorni. 
Il comitato dei ministri ha chiesto a Roma di fornire non oltre il 20 giugno 2023 ulteriori informazioni in merito ai lavori eseguiti per eliminare i rischi ambientali causati dall’Ilva. Entro il 20 ottobre di quest’anno il governo dovrà inviare a Strasburgo e anche dimostrare che esiste la possibilità, per i cittadini, di ottenere provvedimenti preventivi e di risanamento nei confronti di un’attività industriale inquinante.
Sul fronte sindacale, invece, si registra una presa di posizione delle Rsu Fim, Fiom e Uilm (La Neve, Brigati e Oliva): «A distanza di poche settimane dalla conclusione di un accordo tra la multinazionale, Ilva in As e Invitalia, che ha prolungato il contratto di affitto ad Arcelor Mittal per ulteriori due anni rinviando, di fatto, possibili investimenti sul processo di transizione ecologica, non sono mancati annunci roboanti da parte del Governo che continua a rendere nota la risalita produttiva dell’acciaieria di Taranto e la risoluzione delle tante problematiche che attanagliano lo stabilimento siderurgico. Tuttavia, tali dichiarazioni non trovano conferme sulla situazione allarmante inerente gli attuali assetti produttivi. Infatti, l’azienda non ha ancora chiarito quali sono gli assetti di marcia dello stabilimento, ma si evince una chiara difficoltà sull’approvvigionamento delle materie prime, che sta causando un rallentamento produttivo con fermate di Afo e a cascata di altri reparti, e sulle manutenzioni.

Riteniamo non più rinviabile un confronto con le organizzazioni sindacali in quanto tali scelte potrebbero determinare chiusure di impianti con un ulteriore aumento della cassa integrazione. Agli annunci di Acciaierie d’Italia e del governo devono corrispondere atti concreti che vadano nella direzione di risolvere questioni inerenti il processo di risanamento ambientale, produttivo e occupazionale». 

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