Si accelera sulla cassa integrazione straordinaria per un anno per i 3.000 di Acciaierie d’Italia, ex Ilva. A meno di 24 ore dall’incontro preliminare di giovedì pomeriggio in Confindustria a Roma, ieri il ministero del Lavoro ha convocato per il 16 marzo, alle 12, tutte le parti interessate. Non solo Acciaierie d’Italia e diverse sigle sindacali (Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm, Usb, Ugl, Fimu, Failms e Fismic), ma anche il ministero dello Sviluppo economico, Confindustria nazionale con quelle di Taranto, Genova e Alessandria e le Regioni Puglia, Liguria, Veneto, Lombardia e Piemonte. La convocazione è nella sede di via Flavia a Roma, nella sala D’Antona, ed è firmata dal direttore generale Romolo De Camillis. Si accelera dunque rispetto al primissimo step di giovedì perché per l’attuale cassa integrazione Covid si avvicina la scadenza e la nuova straordinaria, per ristrutturazione industriale, si deve avviare dal 28 marzo per terminare a marzo 2023. Trattandosi di ristrutturazione, è obbligato il passaggio al dicastero guidato da Andrea Orlando.
L'accelerazione
Intanto, pur mettendo sul tavolo la cassa integrazione straordinaria per un anno per 3.000 dipendenti, di cui 2.500 a Taranto, e sottolineando più volte che non sono esuberi ma sospensioni temporanee, Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, dichiara di voler far ripartire l’azienda. Vuole puntare alla svolta. Far girare il siderurgico rimettendo subito in moto l’altoforno 4. Far salire la produzione portandola quest’anno a 5,5 milioni di tonnellate di ghisa e 5,7 di acciaio. Sfidare l’onda d’urto dei rincari di materie prime ed energia per offrire una sponda alla manifattura italiana che rischia di soccombere, tant’è che si annuncia a brevissimo lo stop delle acciaierie elettriche del Nord perché non sanno più come fare. Ecco la linea Morselli. Ha detto l’ad l’altra sera: “Non abbiamo intenzione di farci intimorire da ciò che succede in siderurgia o da ciò che succede nel mercato dell’acciaio”. Una frase che tra i presenti al tavolo in Confindustria hanno interpretato come volontà di andare avanti malgrado la congiuntura sia molto pesante. E pare che al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, non dispiaccia l’idea di un’Ilva che riprende a girare per supportare la manifattura che dell’acciaio ha bisogno. Su quanto ha detto l’ad, le posizioni dei sindacati sono state diversificate. La Uilm, per esempio, a fronte dei 3.000 in cassa straordinaria, ha alzato le barricate con Rocco Palombella che teme che questi lavoratori prima o poi si trasformino in esuberi da aggiungere ai 1.600 circa di Ilva in amministrazione straordinaria, già in cassa straordinaria da anni, e il cui ritorno in fabbrica sfuma sempre più.
Fim Cisl e Fiom Cgil, invece, attendono sul terreno dei fatti il riscontro di quello che Morselli ha dichiarato. E la ripresa della produzione insieme agli investimenti è, per loro, il primo banco di prova.