Ex Ilva, sale la tensione: le scadenze entro la fine dell'anno

Riprendono gli appuntamenti della vertenza dopo i tumulti dell'ultimo consiglio di fabbrica

Ex Ilva, sale la tensione: le scadenze entro la fine dell'anno
di Domenico PALMIOTTI
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Martedì 27 Dicembre 2022, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 08:32

Tre giorni di tregua natalizia, dal 24 dicembre a ieri, ma da oggi si riprende su Acciaierie d'Italia, ex Ilva, in vista di un finale d'anno in cui ci sono nuove scadenze. Due sicure, la riunione di domani dei sindacati Fiom Cgil, Uilm e Usb con le istituzioni locali - Comune di Taranto, Comuni, Provincia di Taranto e Regione Puglia - e l'assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia, l'ennesima, del 29 dicembre. E una probabile, il Consiglio dei ministri del 28 dicembre. Nel Cdm - ma si avrà certezza solo nelle prossime ore - potrebbe essere varato un decreto per l'ex Ilva.

Si tratterebbe di un finanziamento sotto forma di prestito per dare ossigeno all'azienda, messa alle corde dalla scarsezza di circolante e dal rilevante debito accumulato verso una platea di fornitori, tra i quali spiccano Eni e Snam (devono avere 6-700 milioni per il gas) e l'indotto industriale locale (attende il pagamento di un centinaio di milioni). Al riguardo, si ipotizza un intervento tra i 650 e i 700 milioni che potrebbero essere presi dal miliardo di euro che ha destinato all'ex Ilva il dl Aiuti Bis dei mesi scorsi.

I sindacati

Intanto i sindacati, almeno tre sigle su quattro, non vogliono depotenziare il rilancio della propria iniziativa avvenuta con la protesta del 23 dicembre che ha visto il blocco temporaneo della strada statale Appia, all'altezza della direzione della fabbrica, e l'incontro col prefetto di Taranto, Demetrio Martino.

Una giornata nella quale c'è stato anche l'episodio del sindacalista Usb, Franco Rizzo, caduto a terra e rimasto ferito nel gran trambusto creatosi nella portineria della direzione mentre i delegati lasciavano il consiglio di fabbrica. Nella tensione di quei momenti, alimentata dalla preoccupazione che i delegati potessero occupare la direzione e dal conseguente irrigidimento dei vigilanti di stabilimento schierati in gran numero, è accaduto che Rizzo sia stato spintonato con forza finendo a terra e accusando un malore per un improvviso dolore alle costole. Il sindacalista attualmente è a casa e le sue condizioni sono migliorate dopo essere stato per alcune ore in osservazione all'ospedale. Dopo quanto avvenuto qualche giorno fa, ora a riaccendere la protesta è la possibilità che il Governo faccia retromarcia rispetto all'iniziale volontà di anticipare, rispetto a maggio 2024, il passaggio dello Stato in maggioranza in Acciaierie d'Italia. Un passo indietro viene infatti valutato dai sindacati (anche dalla Fim Cisl, che però non ha aderito alla manifestazione del 23) il prestito pubblico all'azienda. Non importa, dicono, se sia ponte o a più lunga durata.

Per le sigle metalmeccaniche, l'immissione di liquidità in un'azienda che non offre alcuna garanzia è in netta controtendenza rispetto a quanto il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha dichiarato nell'ultimo mese. E cioè, bisogna riequilibrare la governance societaria che oggi vede il privato Mittal in maggioranza (62 per cento) mentre lo Stato, con Invitalia, è minoranza (38 per cento), «lo Stato non può essere un bancomat, non può dar soldi senza un chiaro piano industriale che arresti il declino», «il Governo non può essere sotto scacco, non siamo ricattabili da parte di alcuno». Frase, quest'ultima, che Urso pronunciò a fronte della sospensione degli ordini di 145 imprese appaltatrici, sospensione mai ritirata nonostante l'invito del ministro ad Acciaierie d'Italia.

La lettera

Nel frattempo, alla vigilia di Natale, con una lettera inviata al governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, al sindaco e presidente della Provincia di Taranto, Rinaldo Melucci, e a tutti i sindaci del Tarantino, Uilm, Fiom Cgil e Usb hanno confermato quanto annunciato nel pomeriggio del 23. E cioè che per domani, alle 9.30, è indetta un'assemblea con le istituzioni nella sede della Provincia di Taranto. L'assemblea del 28 rientra in «un percorso di iniziative pubbliche al fine di continuare la mobilitazione con l'obiettivo di cambiare l'attuale governance di Acciaierie d'Italia, condizione assolutamente necessaria a garantire una transizione ecologica e sociale di un territorio che inevitabilmente non può continuare a subire ricatti da parte di ArcelorMittal». Per i tre sindacati, «è inaccettabile che il Governo Meloni ceda alle pressioni della multinazionale e conceda ulteriori risorse pubbliche senza un indirizzo chiaro sul futuro ambientale e occupazionale del sito di Taranto». Annunciando «una giornata di mobilitazione presso la sede di Palazzo Chigi da svolgersi entro il 13 gennaio 2023», i sindacati evidenziano al governatore regionale e ai sindaci che «gli obiettivi sono comuni e crediamo che sia giunto il momento di mettere insieme le istanze dei lavoratori e quelle dei cittadini per rivendicare una giusta transizione ecologica che può avvenire esclusivamente attraverso il cambio della governance con l'ingresso in maggioranza dello Stato».

«È giunto il momento - si legge nella lettera - che istituzioni locali, regionali e nazionali insieme a tutte le organizzazioni sindacali si assumano le proprie responsabilità scegliendo con i fatti e non con le parole da che parte stare. Deve essere chiaro a tutti che allo stato attuale si sta o con i lavoratori e i cittadini o con la multinazionale. Non esistono strade alternative ambigue o vie di mezzo dietro alle quali nascondersi». Un anno fa, era il 13 dicembre, Giancarlo Giorgetti, allora alla guida dello Sviluppo economico, dichiarava al Mise dopo un vertice sull'ex Ilva: «Il quadro delineato rende il piano di rilancio dell'ex Ilva più complicato di quanto ci aspettassimo». In quella riunione si annunciò un nuovo piano che prevedeva un investimento di 4,7 miliardi di euro, articolato su quattro obiettivi, per garantire nei prossimi anni la continuità produttiva attraverso il ritorno alla piena occupazione dei lavoratori entro il 2025 e il raggiungimento della sostenibilità ambientale nella produzione di acciaio con il passaggio dal carbone all'idrogeno e con l'utilizzo di forni elettrici. Un anno dopo tutto è rimasto sulla carta all'infuori di quelle frasi di Giorgetti. Pienamente confermate. Anzi, con un livello di crisi ben più alto rispetto ad un anno fa, si è andati oltre.

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