Ex Ilva-Peyrani, è scontro: caos nelle ditte dell’indotto

Riparte intanto la trattativa Mittal-Invitalia per riformulare le condizioni del contratto

Ex Ilva-Peyrani, è scontro: caos nelle ditte dell’indotto
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Lunedì 16 Maggio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 19:25

La possibilità che Peyrani Sud, azienda appaltatrice di logistica e trasporti, fermi al quarto sporgente lo sbarco e la movimentazione delle materie prime per la produzione del siderurgico, provoca la reazione di Acciaierie d’Italia, ex Ilva. Peyrani Sud, che stamattina incontrerà i sindacati dei trasporti e dei servizi, motiva lo stop con l’essere in credito dall’ex Ilva di circa 10 milioni. Si tratta di lavori non pagati.

La replica di Acciaierie d'Italia

“Acciaierie d’Italia - così interviene l’azienda - prende atto dell’annuncio da parte di Peyrani Sud della sua illegittima decisione di interrompere il servizio e agirà nelle opportune sedi per tutelare i propri interessi. I gravissimi incidenti occorsi recentemente in attività svolte dalla Peyrani Sud hanno costretto AdI a valutare con cautela l’estensione del relativo contratto, in scadenza a giugno 2022”.

Per l’ex Ilva, “Peyrani Sud ha registrato infatti ben due incidenti fatali - anche se non in attività svolte per conto di Acciaierie d’Italia - e, da ultimo, un gravissimo incendio proprio ad una delle gru in servizio per Acciaierie d’Italia al quarto sporgente che ha messo a rischio la sicurezza di tutti gli operatori e causato ingenti danni economici, ben superiori al valore dei servizi erogati in favore di AdI”.

Le altre imprese

Intanto altre imprese di logistica, Siri ed Ecologica, potrebbero entrare in campo. È questo, secondo fonti coinvolte nella vicenda, lo scenario che andrebbe a delinearsi dopo le mosse di Peyrani Sud. Siri ha l’autorizzazione per la movimentazione ma sinora non avrebbe mai lavorato. Ecologica, invece, in parte già effettua la movimentazione. Ecologica - che ha circa 220 dipendenti nell’ex Ilva tra pulizie industriali e logistica - oggi stesso potrebbe avanzare ad Acciaierie d’Italia la sua offerta. Si è infatti in una fase di rinegoziazione dei contratti in scadenza e sebbene Acciaierie d’Italia abbia manifestato di voler riconfermare chi già opera, ha tuttavia chiesto alle aziende un taglio nei costi del 7-8 per cento.

Riduzione che Peyrani Sud non è propensa a fare anche in virtù del credito vantato verso il committente. «È evidente - spiega una fonte - che se Peyrani Sud interrompe lo sbarco delle materie prime, viene subito rimpiazzata da Acciaierie d’Italia data la delicatezza dell’attività svolta, strettamente funzionale al ciclo produttivo. Le aziende hanno ragione nel lamentarsi che il committente non paga o paga con forte ritardo. Ma non scopriamo purtroppo nulla di nuovo».

Problema liquidità

Quello della liquidità resta un problema importante per Acciaierie d’Italia. Di recente l’ex Ilva ha effettuato una cessione di crediti per 1,5 miliardi a Morgan Stanley proprio per “respirare” finanziariamente. Mentre il Governo col Dl Ucraina, che dopo l’approvazione del Senato è ora alla Camera, all’articolo 10 ha disposto, oltre al trasferimento di 150 milioni dalle bonifiche alla decarbonizzazione, che Sace è autorizzata “a rilasciare garanzie, per un impegno complessivo entro i 5 miliardi di euro, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti concessi sotto qualsiasi forma ad imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale individuati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri”.

Intanto nell’incontro del 6 maggio con l’indotto, Acciaierie d’Italia ha assicurato che si punta a migliorare i pagamenti verso le imprese e che sono in cantiere altre operazioni sul versante della liquidità. Inoltre, a favore degli esterni, all’inizio dell’anno l’ex Ilva ha attivato la cessione dei crediti coinvolgendo le banche. Banca Ifis, per esempio, si occupa del prosoluto. Il cedente si libera da ogni responsabilità in merito all’adempimento da parte del debitore e deve solo provare che il credito esiste e può essere ceduto. Ci sono aziende che hanno già usato tale meccanismo. Che prevede un plafond di utilizzo determinato dall’importanza che l’ex Ilva attribuisce all’impresa e dal suo stato di sostenibilità economica. Tornando all’articolo 10 del Dl Ucraina, la garanzia Sace può anche essere concessa “per il finanziamento di operazioni di acquisto e riattivazione di impianti dismessi situati sul territorio nazionale per la produzione destinata all’industria”.

Nello specifico questa misura dovrebbe aiutare l’ex Ilva a dotarsi di impianti per la produzione di ghisa in pani, cioè allo stato solido, da fornire a tutta la filiera industriale nazionale che, con la guerra, si è vista chiudere il canale di approvvigionamento da Russia e Ucraina. Attualmente l’ex Ilva produce solo ghisa liquida, poiché è utilizzata esclusivamente per il ciclo produttivo, e dagli altiforni viene trasferita con speciali convogli, i “carri siluro”, alle acciaierie per essere trasformata in acciaio.

Riparte la trattativa

E oggi è in programma un nuovo incontro tra Acciaierie d’Italia, con l’ad Morselli per il privato Mittal ed Ernesto Somma per il socio pubblico Invitalia, e i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, società proprietaria degli impianti. Si continua la trattativa sulla riformulazione del contratto. Non essendo possibile adempiere agli impegni scadenzati a maggio 2022 (dissequestro impianti e acquisto dei rami di azienda da Ilva in as), bisogna allungare le scadenze, di almeno un anno, e quindi riscrivere il contratto. Il tempo stringe perché fine mese si avvicina e la trattativa, sinora, ha incontrato due ostacoli nelle richieste del socio privato di Acciaierie d’Italia: sconto di 200 milioni sul prezzo di acquisto dell’azienda, fissato in 1,8 miliardi, e riduzione ulteriore del 25 per cento del canone di fitto già tagliato del 50 per cento a marzo 2020 con l’obbligo di saldare la parte non corrisposta al momento dell’acquisto. In virtù di questa riduzione, il canone versato è passato da 180 a 90 milioni annui. La rata trimestrale è ora di 22 milioni e 250 mila euro. Mittal, però, punta a scendere ancora. Ilva in as fa muro.

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