Ex Ilva, nodo politico della campagna elettorale

La sede di Acciaierie d'Italia a Taranto
La sede di Acciaierie d'Italia a Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Domenica 7 Agosto 2022, 05:00

L’ex Ilva di TarantoAcciaierie d’Italia, è sicuramente un complicato nodo industriale (produzione da rilanciare ma pesano gli aumentati costi di materie prime e gas), ambientale (oltre a completare le prescrizioni Aia, c’è da affrontare la decarbonizzazione), finanziario (la crisi di liquidità è nota e ora Invitalia col Dl Aiuti Bis deve mettervi mano) e giudiziario (tra confisca impianti, decisa con sentenza della Corte d’Assise, e dissequestro, richiesta che prima o poi sarà rilanciata). Adesso, però, rischia di essere anche un nodo politico. Non che non lo fosse già.

Le tappe

La battaglia di febbraio scorso in commissione alla Camera, quando un bel pezzo della maggioranza di Draghi silurò e affondò la norma del Milleproroghe che voleva trasferire 575 milioni dalle bonifiche (in mano ad Ilva in amministrazione straordinaria) alla decarbonizzazione (e quindi all’azienda), è stata già indicativa. Poi a maggio il Governo ha rimediato col Dl Energia, spostando per la stessa finalità non più 575 milioni ma 150, ma anche qui, in commissione in Senato, la maggioranza si divise. Pd, M5S e Leu furono contrari. Un esito, questo, che comunque non bloccò lo spostamento dei 150 milioni perché l’emendamento che proponeva lo stop, proposto da Mario Turco dell’M5S, raccolse 14 voti a favore e altrettanti contrari e per il regolamento del Senato in caso di parità di voti, la proposta si intende non approvata. In sostanza, scontri politici negli ultimi mesi ve ne sono stati. Ma ora, nell’avviata campagna elettorale, i conflitti rischiano di accentuarsi sul Dl Aiuti (che ha previsto che Invitalia intervenga sul capitale di Acciaierie d’Italia sino ad un miliardo), sulla linea da tenere verso la fabbrica, sul mantenimento o meno dell’area a caldo. Può sembrare che le difficoltà siano più nel centrosinistra, ed in effetti in questi giorni alcuni leader di questo schieramento (Carlo Calenda e Angelo Bonelli) si sono già scambiati sui social colpi di fioretto, ma anche il centrodestra potrebbe avere qualche difficoltà nel conciliare le posizioni nazionali, più industrialiste e forse anche più vicine all’azienda, con quelle locali. Perché un conto è parlare di Ilva dalla Lombardia o dal Veneto, altro é farlo qui dove non solo l’attenzione é maggiore ma anche le sensibilità sono molto diverse. E all’uno e all’altro schieramento non basta dire che l’Ilva deve rispettare l’ambiente, non danneggiare la salute e garantire la sicurezza sul lavoro. Francamente nessuno potrebbe mai sostenere una tesi contraria. Il vero punto é come questi principi generali si declinano poi in scelte concrete. Dl Aiuti Bis e questione area a caldo potrebbero essere emblematiche da questo punto di vista.

Il confronto

Nel vertice al Mise di qualche giorno fa, i ministri Giancarlo Giorgetti e Andrea Orlando hanno definito solido, concreto e significativo l’intervento finanziario del Governo, ma qui le reazioni quali sono state? Un esponente della Lega, Gianfranco Chiarelli, vice segretario regionale Puglia, ha valutato il Dl Aiuti Bis “un segno di grande attenzione da parte del ministro dello Sviluppo Economico che fino all’ultimo momento utile ha pensato all’area di Taranto”.

E nell’ultimo intervento postato sui social, Chiarelli scrive: “È arrivato il momento di mettere in campo un'operazione verità per evitare che mistificazioni e inutili ideologismi condannino Taranto all'isolamento industriale. Ora - scrive Chiarelli - perseguiremo un unico grande obiettivo: il rilancio dell’economia italiana a partire dai mezzi e dagli interventi messi in campo per Taranto”. Il Pd, invece, con l’ultimo intervento del senatore Antonio Misiani (commissario del partito a Taranto) e del deputato Ubaldo Pagano, non giudica la manovra del miliardo di euro ma tiene alta l’asticella sul siderurgico. Dicono i due parlamentari: “La decarbonizzazione resta il primo obiettivo da raggiungere per fare degli stabilimenti siderurgici un’opportunità produttiva e lavorativa che non rechi, come ha fatto per decenni, gravissimi danni ai lavoratori e alla cittadinanza sotto il profilo ambientale e della salute umana”. E ancora, rilevano Misiani e Pagano, “garantire la sicurezza di chi ci lavora, rispettare gli impegni con l’indotto, avviare la piena decarbonizzazione degli impianti, sono i traguardi che bisogna con urgenza raggiungere nel tempo più breve possibile. Ogni esigenza di qualsiasi altra natura non può che passare in secondo piano”. Sarà probabilmente dirimente il problema dell’area a caldo della fabbrica. Tenerla adeguandola, oppure chiuderla per un più ambizioso riposizionamento industriale e tecnologico? Come si schiereranno le forze politiche? I sindacati (eccetto l’Usb) la vogliono mantenere ammodernandola, l’azienda anche, mentre il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, del Pd, è per la chiusura, come ha ribadito nel discorso programmatico di avvio di mandato. E anche i Verdi sono per la chiusura. In attesa che le posizioni si chiariscano, semmai avverrà, sui social ci sono tracce fresche del “battibecco” tra Calenda e Bonelli (entrambi nel centrosinistra insieme al Pd) proprio su Ilva. “Noi abbiamo una memoria molto corta ma su Ilva abbiamo lavorato tantissimo” dice Calenda, difendendo il lavoro fatto da ministro, giudicando “blindato” il contratto firmato con Mittal nel 2017 e “pilota” il progetto messo allora in campo. “La politica é semplicemente questo: capacità di far accadere le cose e capacità di distruggere le cose” chiosa Calenda. Risponde Bonelli: “Io sono disponibile ad un pubblico confronto con Calenda sui temi dell’energia, del clima e anche dell’Ilva. A proposito di Ilva, quella fabbrica ha provocato morte a causa dell’inquinamento da diossina e questo è scritto in una sentenza di un Tribunale”.

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