Ex Ilva, Melucci attacca: «Arretri dalla città e ridimensioni la fabbrica»

Ex Ilva, Melucci attacca: «Arretri dalla città e ridimensioni la fabbrica»
di Domenico PALMIOTTI
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Domenica 31 Luglio 2022, 05:00

«L’ex Ilva deve arretrare rispetto alla città. È un’esigenza che siamo tornati a manifestare all’Autorità Portuale, chiedendo ufficialmente che vengano riviste le concessioni demaniali marittime del II sporgente, ma è una necessità di fronte all’ennesimo incidente registrato». Con queste parole irrompe Rinaldo Melucci sulla questione più generale dell’ex Ilva prendendo spunto dall’ultimo episodio, l'incendio al nastro trasportatore di sabato mattina.

«Ci sono troppe ragioni che giustificano il ridimensionamento dell’impianto e del suo rapporto con Taranto: la prospettiva tecnologico-industriale, i comportamenti verso la città, i lavoratori e l’indotto, soprattutto l’ormai avviata transizione verso un modello produttivo e sostenibile che abbia il mare come risorsa privilegiata.

Sul tema avevamo già avviato una riflessione con il presidente Sergio Prete, anche perché le due istituzioni hanno in cantiere diversi progetti: il waterfront Mar Grande, la riqualificazione dell’area cerniera tra città e porto, tutti interventi che richiedono una prospettiva nuova, dove il siderurgico sia una presenza rarefatta. Siamo certi che riprenderemo presto a discuterne, in funzione della nostra richiesta ma, soprattutto, della consapevolezza che Taranto non subirà più il peso di alcuna monocultura».

Pagano: spende e spande in Brasile, qui non mette un soldo

E restando sul fronte politico, c’è da registrare la posizione di Ubaldo Pagano, deputato Pd, che attacca l’acquisizione che ArcelorMittal (partner di maggioranza di Acciaierie d’Italia mentre lo Stato, con Invitalia, é di minoranza) ha messo a segno in Brasile: «Mentre a Taranto si susseguono disastri e si sfiorano incidenti mortali, ArcelorMittal guarda altrove, oltre l’Oceano Atlantico. Il totale disinteresse per le sorti degli stabilimenti e dei dipendenti dell’ex Ilva è assolutamente inaccettabile».

In Brasile, dove Mittal è già presente, è stata acquistata per 2,2 miliardi di dollari la Companhia Siderúrgica do Pecém (CSP). In attesa delle approvazioni societarie e normative, il completamento della transazione è previsto entro la fine del 2022. CSP CSP produce bramme per fabbricare lamiere. L’impianto siderurgico, definito all’avanguardia, è nello Stato del Ceará. È stato messo in funzione nel 2016 ed ha prodotto le prime bramme nel giugno dello stesso anno. Lo stabilimento ha un altoforno con una capacità di 3 milioni di tonnellate ed ha accesso, tramite nastri trasportatori, al porto di Pecém, un grande porto di acque profonde situato a 10 chilometri dagli impianti.

Ma se in Brasile Mittal avanza, in Italia, e a Taranto in particolare, è assente. Annota Pagano: «Il piano industriale è fermo, la decarbonizzazione ancora un miraggio, l’indotto soffre i debiti che non gli vengono pagati e lo Stato è costretto a far intervenire Sace per tenere la barca a galla». Nel frattempo, evidenzia Pagano, Mittal «non mette un euro su Taranto ma spende più di 2 miliardi per acquistare un’altra acciaieria in Brasile. Quando finirà questa barzelletta? Quando riusciremo a chiudere questa brutta parentesi?». Soddisfatto dell’operazione dichiarato l’amministratore delegato del gruppo, Aditya Mittal.

«Con CSP - commenta - stiamo acquisendo un’attività moderna, efficiente, consolidata e redditizia che rafforza ulteriormente la nostra posizione in Brasile e aggiunge valore immediato ad ArcelorMittal». Per Mittal, «c’è un potenziale significativo per la decarbonizzazione dell’attività, data l’ambizione dello Stato del Ceará di sviluppare un polo dell’idrogeno verde a basso costo e l’enorme potenziale che la regione possiede per la produzione di energia solare ed eolica». Tornando a Pagano, il parlamentare Dem commenta anche l’incendio di ieri: «Abbiamo sfiorato un’altra tragedia con l’incendio al nastro trasportatore, che per fortuna non ha fatto vittime. Siamo stanchi di sopportare tutto questo. Se AM non ha più interesse nel gestire correttamente e con lungimiranza gli stabilimenti, si faccia da parte una volta per tutte».

«Appaiono offensive le solite spiegazioni tecniche dell’azienda volte a ridimensionare un incidente che i sindacati attribuiscono, ancora una volta, alla mancata manutenzione di macchinari e impianti» dichiarano Elena Baldo, co portavoce di Europa Verde-Verdi Taranto, e Antonio Lenti, consigliere comunale. Che sottolineano infine «la necessità di una decisiva inversione di marcia, realizzabile unicamente attraverso il fermo immediato di tutti quegli impianti ormai evidentemente obsoleti, che sono da sempre fonte di inquinamento, e che oggi sono anche fonte di spreco di denaro pubblico».

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