Misure anti-contagio, nessun nuovo divieto: Mittal torna a vendere

Misure anti-contagio, nessun nuovo divieto: Mittal torna a vendere
di Alessio PIGNATELLI
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Domenica 5 Aprile 2020, 08:11
ArcelorMittal può tornare a vendere i prodotti finiti. Nessun altro decreto ma solo una comunicazione del prefetto Demetrio Martino in cui si spiega che non sarà rinnovata la prescrizione alla commercializzazione per una serie di elementi: le rassicurazioni dell'azienda sul numero degli ingressi, le ragioni economiche che a cascata si sarebbero riversate sull'indotto, l'aumento di 5 unità nell'organico di controllo dello Spesal che vigilerà sulle misure di protezione dei lavoratori per i contagi da coronavirus. La nota del prefetto è sostanzialmente una risposta alla richiesta di riesame, effettivamente accordata ieri, avanzata da ArcelorMittal il 31 marzo. L'ipotesi più accreditata anticipata ieri, si è concretizzata.

Il prefetto di Taranto ha ritenuto di non dover prorogare il provvedimento adottato il 26 marzo e scaduto venerdì in applicazione dei principi generali di proporzionalità e adeguatezza. Tradotto: torna tutto come ante 26 marzo, la società potrà vendere. La produzione, esattamente come con il decreto, non è toccata. Nella nota ufficiale formale del prefetto, si fa riferimento alla richiesta di riesame del provvedimento di ArcelorMittal dove viene confermato l'impegno affinché gli ingressi restino inalterati entro i limiti indicati (3.500 per i diretti, 2mila per l'indotto). Riannodiamo brevemente la vicenda. Il dpcm sulle attività essenziali forniva un elenco di aziende con codice Ateco che potevano produrre. Tra queste non rientrava l'ex Ilva ma c'era una clausola contrassegnata dalla lettera G nel decreto: per gli stabilimenti a ciclo continuo, la decisione era demandata al prefetto. Stesso discorso per le industrie dell'Aerospazio. Il territorio jonico aveva due casi eclatanti come ArcelorMittal e Leonardo a Grottaglie.

Se per quest'ultimo sostanzialmente non ci sono state complessità, per il siderurgico ci sono voluti diversi confronti con sindacati e parti interessate (custode giudiziario Valenzano, Spesal, Vigili del Fuoco, azienda stessa, commissari Ilva in As, Confindustria). Alla fine, il 26 marzo il prefetto Martino concede la produzione per salvaguardare gli impianti ma inibisce la vendita dei prodotti finiti fino al 3 aprile.

Da ieri, decade anche quel vincolo e la multinazionale che aveva già pressato con una lettera dell'ad Morselli al governo può tornare a fare profitto. Demetrio Martino ha ricordato che la disposizione del 26 marzo era stata calibrata su un arco temporale ridotto, cioè una settimana. La proroga dell'ultimo dpcm di Conte che impone il lockdown fino al 13 aprile pone la necessità di rivalutare complessivamente i presupposti e le finalità. Nell'analisi, occorre tenere conto di quanto dichiarato da codesta azienda relativamente alla difficoltà di carattere economico a motivo della produzione ridotta al minimo (3 milioni di tonnellate annue a fronte di 8 milioni di tonnellate annue a regime) la cui mancata commercializzazione, ove dovesse prorogarsi il divieto sino al 13 aprile, porterebbe l'impossibilità di pagare i fornitori e le imprese dell'indotto e progressivamente alla crisi dell'impianto mettendone a rischio la salvaguardia e la sicurezza.

Detto che Am si è impegnata a mantenere gli assetti di marcia e gli ingressi entro i limiti, anche il numero imposto dal decreto decade da ieri ma è impensabile che ci siano incrementi. Anzi. La trattativa tra sindacati e Am prima del decreto prefettizio del 26 marzo aveva determinato numeri anche inferiori al provvedimento stesso. E tutti gli impianti fermati, tra cui l'ultimo il Treno nastri 2, consentirà di mantenere una forza lavoro limitata. Tornando al provvedimento di ieri, il prefetto afferma che non privo di rilievo appare anche il rafforzamento delle misure di protezione dei lavoratori con la disposizione di Spesal Asl verso ArcelorMittal che ha portato ad aumentare di 5 unità le persone addette allo specifico servizio. Tutti motivi per non emanare altre restrizioni fermo restando il monitoraggio sulle condizioni di impiego del personale con riferimento anche ai valori numerici giornalieri e sulla totale applicazione delle misure di prevenzione.
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