I commissari ex Ilva all'attacco di Mittal: «Incapaci di gestire»

I commissari ex Ilva all'attacco di Mittal: «Incapaci di gestire»
di Alessio PIGNATELLI
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Gennaio 2020, 09:04
Incapacità di gestire l'azienda a Taranto. E la necessità addotta da ArcelorMittal di uno scudo penale è una conclamata falsità: la strategia della multinazionale francoindiana si inserisce invece nel classico solco del capitalismo d'assalto per cui se a valle dell'affare concordato si guadagna, allora guadagno io mentre se invece si perde, allora perdiamo insieme. La memoria di fuoco dei commissari straordinari di Ilva in As è stata consegnata nella tarda serata di lunedì e quelli appena citati sono solo alcuni dei passaggi pesantissimi contro il colosso dell'acciaio. Se è vero che parallelamente si muove una trattativa per evitare l'addio di Am, è altrettanto palese che ci si ripara in sede giudiziaria in caso di naufragio del negoziato. Perciò i toni sono aspri, senza esclusione di colpi e si può preventivare che la controreplica degli avvocati di Mittal di fine mese sarà altrettanto dura.

ArcelorMittal ferma una acciaieria: 250 lavoratori in cassa integrazione
Sì al Green New Deal: pronti quattro miliardi da destinare all'ex Ilva

Sono 86 le pagine firmate dai legali dei commissari dell'ex Ilva, gli avvocati Giorgio De Nova, Enrico Castellani e Marco Annoni, depositate alla scadenza del termine fissato dal giudice Claudio Marangoni per rispondere alla tesi presentata a metà dicembre da Mittal nel procedimento sul ricorso cautelare e d'urgenza dei commissari contro lo scioglimento del contratto. Stoccate e accuse molto gravi che toccano tantissimi punti che proviamo a sintetizzare. Innanzitutto, secondo la tesi commissariale, il gruppo sta cercando di imporre surrettiziamente una riduzione del personale di circa 5mila unità dimezzando di fatto l'occupazione dagli attuali 10.700 dipendenti a soltanto 5.700 unità. Lo scopo sarebbe solo ed esclusivamente economico: si invoca una vera e propria socializzazione di quei costi di ristrutturazione e di quelle perdite operative che secondo le intese contrattuali all'epoca raggiunte dovrebbero invece, evidentemente, gravare esclusivamente su ArcelorMittal stessa.

Il gruppo ha quindi fatto costante riferimento alle necessità (esclusivamente per proprie, per quanto comprensibili, ambizioni economiche) di modificare radicalmente ciò che invece secondo l'assetto contrattuale concordato rappresenta l'asse portante degli accordi raggiunti. Più banalmente: non si vogliono rispettare i patti scritti perché ci si è resi conto delle perdite. E nella memoria si dà anche una valutazione di queste perdite. Non certamente per i motivi presentati dalla multinazionale, in primis la mancata estensione temporale dello scudo penale che renderebbe impossibile attuare il piano ambientale senza incorrere in responsabilità anche penali conseguenti a problemi ambientali ereditati dalla precedente gestione: per i commissari, questa è solo una raffazzonata giustificazione utilizzata da ArcelorMittal per sciogliersi da un rapporto contrattuale oggi non più ritenuto nel proprio interesse.

La società, scrivono gli avvocati, non ha portato avanti la realizzazione del Piano Ambientale nei tempi e con gli investimenti programmati, né ha eseguito il programma di manutenzione concordato nell'ambito del contratto in modo coerente alle migliori pratiche di esercizio. In più, anziché utilizzare tutti gli altiforni in via continuativa, da molti mesi l'azienda li utilizza infatti a turno, mantenendone normalmente in operatività non più di due contemporaneamente. Tutti errori che nasconderebbero invece la vera preoccupazione di Mittal che non è l'indisponibilità per il futuro di uno Scudo Penale bensì la riscontrata propria incapacità di sapere efficacemente gestire i Rami d'Azienda (e in particolare quello tarantino) nel quadro di un mercato europeo dell'acciaio peggiore di quanto avesse preventivato con le conseguenze economiche che ne conseguono a proprio carico.

Ad oggi, inoltre, per i commissari straordinari è caduta la scusante di Afo2 - il Riesame ha infatti dato l'ok all'uso dell'altoforno previa la realizzazione delle prescrizioni mancanti - e quindi è così venuto meno, già in fatto, il presupposto di gran parte delle argomentazioni avversarie. Ma neppure in questo momento ArcelorMittal è regolarmente adempiente ai propri obblighi contrattuali e la gestione dei Rami d'Azienda sta continuando ad avvenire su una base nettamente depressa e insufficiente rispetto alla capacità produttiva. In più, la consistenza del magazzino anziché essere orientata all'approvvigionamento è fortemente sbilanciata sul prodotto finito. Infine, gli avvocati della struttura commissariale dipingono gli scenari futuri. L'inadempimento contrattuale determinerebbe un impatto economico pari ad una riduzione del Pil di 3,5 miliardi di euro, pari allo 0,2% del Pil italiano e allo 0,7% del Pil del Mezzogiorno. Il danno sarebbe incalcolabile e concretamente irreparabile con pregiudizi diffusi. E l'ex Ilva in amministrazione straordinaria non ha né la struttura, né i mezzi per mitigarne i danni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA