«C'è solo una cosa da fare con grande urgenza e indipendentemente dal pronunciamento del Consiglio di Stato: il governo deve convocare gli enti locali e avviare il percorso verso un accordo di programma, che tenga al primo posto la salute e le esigenze della comunità, che non possono che equivalere a un piano per la chiusura dell'area a caldo e la corretta valutazione del danno sanitario. Al di fuori di questo perimetro non vi è alcun futuro per la produzione di acciaio a Taranto e non c'è Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che tenga».
Lo afferma il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci precisando la posizione dell'ente a prescindere dalla decisione che assumerà il Consiglio di Stato sul ricorso di ArcelorMittal e Ilva in As contro la sentenza del Tar di Lecce che dispone la fermata dell'area a caldo dello stabilimento proprio in ottemperanza a una ordinanza sulle emissioni del primo cittadino.
Sindacati contro il governo Draghi: «Basta immobilismo»
«Riteniamo che il governo Draghi debba avere il coraggio di dire con chiarezza cosa intende fare senza girare attorno ai problemi, smettendola di utilizzare slogan e avviando un processo di confronto aperto con le rappresentanze dei lavoratori e delle istituzioni locali. Non è accettabile che ad oggi il Cda di Invitalia non si sia ancora insediata, lasciando la gestione della fabbrica nelle mani della multinazionale». È quanto affermano Fim, Fiom e Uilm di Taranto in relazione alla situazione «di sostanziale immobilismo» che riguarda lo stabilimento Acciaierie d'Italia in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato sulla ipotesi di fermata dell'area a caldo.
Le sigle metalmeccaniche «lanciano l'ennesimo appello al Governo e in assenza di risposte certe metteranno in piedi ulteriori iniziative contro chi non assume una posizione chiara sulla vertenza ex Ilva e per continuare rivendicare un serio processo di risanamento ambientale insieme ad un piano occupazionale che tenga insieme salute e lavoro».