Ever Given blocca Suez: «Mezzogiorno penalizzato»

Ever given blocca Suez
Ever given blocca Suez
di Alessio Pignatelli
4 Minuti di Lettura
Domenica 28 Marzo 2021, 12:15 - Ultimo aggiornamento: 17:31

«Possiamo dire che per Taranto l'impatto è relativo in considerazione dei traffici e delle linee che arrivano qui. Sono linee intramediterranee. Ci potrà essere qualche impatto negativo in riferimento alla merce che era a bordo di quelle navi finite nel collo di bottiglia che, in modo diretto o indiretto, era destinata allo scalo jonico dopo aver effettuato un trasbordo».
Sergio Prete, presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, sembra scrutare l'orizzonte. Le distanze con Suez e con quella nave incagliata che ha fatto il giro del mondo sono imponenti ma si sa: in un commercio globalizzato, vale quel concetto denominato effetto farfalla. Il battito d'ali di una farfalla può provocare un uragano dall'altra parte del mondo. Sta succedendo allora che il collo di bottiglia provocato dalla colossale Ever Given, portacontainer arenatasi alle porte del canale, metta a rischio importazioni ed esportazioni del Mediterraneo.

PUNTO STRATEGICO

«L'Italia e ancor di più i porti del Mezzogiorno hanno il punto di maggiore strategicità nella vicinanza al canale di Suez e quindi possono intercettare quell'importante flusso di traffico marittimo che passa da Suez per andare poi verso Gibilterra o altri porti. Una funzionalità del canale è fondamentale per dare ulteriormente importanza alla portualità del Mezzogiorno». Si sta cercando di disincagliare quel gigante marino, ci sono 321 navi ancorate nelle aree di attesa e alcuni armatori hanno scelto di farle tornare indietro circumnavigando il Capo di buona speranza con inevitabili surplus economici.

«Bisognerà vedere cosa accade quando il problema sarà risolto - prosegue Prete - se ci saranno sovrapposizioni o saturazioni dei terminal che dovranno ospitare quelle navi: teoricamente ci potrebbe essere l'opportunità di dirottamento su Taranto di qualche feeder (navi medio-piccole che collegano i porti non serviti dalle linee di traffico ndr) ma la vedo molto difficile». Questa situazione evidenzia le criticità dei fenomeni che stanno caratterizzando lo shipping e che mettono a dura prova e stressano le infrastrutture trasportistiche e portuali. Perché le dimensioni sempre maggiori delle navi richiedono infrastrutture sempre più grandi.

«C'è la rincorsa all'adeguamento - prosegue il numero uno dell'Authority - sei costretto a banchine e piazzali più grandi e profondità maggiori.

Per esempio noi come dimensioni di banchina non abbiamo problemi con 1.800 metri lineari, una delle più estese. Il problema si pone in prospettiva già da oggi per le profondità: all'inizio dell'anno prossimo potremo contare su un fondale di 16,5 metri dopo il completamento del dragaggio. Ma siamo già al limite dell'utilizzabilità: per queste navi più grandi, ci vorrebbe una profondità di 18 metri. Già oggi dovremmo pensare a implementare un'ulteriore fase di dragaggio sempre calcolando i tempi che ci vogliono in Italia per queste procedure, in particolare in un porto di un sito d'interesse nazionale».

IL FUTURO DEL PORTO

Diventa quindi fondamentale fissare obiettivi ben precisi a medio termine. Se il porto di Taranto vuole sviluppare nuovamente traffico di transhipment - quindi trasbordo con trasferimento di carico da una nave all'altra - necessita dell'ultimazione dei lavori sulle gru e degli altri mezzi sul terminal gestito ora dai turchi di Yilport, della realizzazione dei dragaggi e anche di una strategia tariffaria molto aggressiva e competitiva per competere con altri hub del Mediterraneo.

«Se invece, come stiamo cercando di fare, vogliamo affermarci come gateway - conclude il presidente Sergio Prete - cioè porta di entrata e uscita delle merci, bisogna sviluppare una presenza industriale imprenditoriale di riferimento del porto. Come sempre diciamo, le navi vanno dove c'è merce da prendere e lasciare: il Mezzogiorno non è tra i mercati più rilevanti come Lombardia o Emilia Romagna. Bisognerebbe aumentare gli insediamenti produttivi e logistici e la Zona economica speciale e la Zona franca doganale vanno in quel senso. Dall'altro, c'è da migliorare l'intermodalità: avere la possibilità attraverso gomma ma soprattutto il ferro di raggiungere destinazioni più lontane intercettando mercati più lontani. La buona notizia è l'espressione favorevole del ministero dell'Ambiente per il raddoppio della linea ferroviaria Termoli Lesina, punto del tratto adriatico che dovrebbe servire proprio come dorsale per raggiungere anche il centro Europa e aree economicamente più importanti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA