Elezioni 2022, il sociologo Novelli sulla campagna a Taranto: «Gli ideali sono i grandi assenti»

Elezioni 2022, il sociologo Novelli sulla campagna a Taranto: «Gli ideali sono i grandi assenti»
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 25 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:58

«La scomparsa dei partiti è il riflesso del venire meno dei richiami ideologici: si vota per rapporti personali, per conoscenze e anche la campagna di Taranto dimostra questo pienamente. Negli anni Sessanta e Settanta, i manifesti avevano tanti contenuti: dal lettering ai colori, dai simboli alle parole chiave. Si attingeva da un vocabolario iconografico e storico di grande peso, c’erano elementi identitari e non si votavano le facce. Ora, è sufficiente farsi un giro in città per capire come sia tutto cambiato».

Edoardo Novelli è sociologo e professore ordinario dell’Università Roma 3 dove insegna Comunicazione Politica, Sociologia dei Media e Sistemi dell’Informazione. È, soprattutto, un grande esperto di campagne elettorali avendo collezionato e analizzato tantissimi esempi.

E «non è che Taranto sia una realtà a sé - spiega - Le campagne elettorali e le comunali in primis sui contenuti sono molto simili. Nelle grandi città ci sono aspetti più forti ma, in linea di massima, non c’è una grandissima fantasia al potere». Vuole evitare bocciati ma di certo in tanti sarebbero rimandati.

«Attenzione, qui si parla di comunicazione politica e non di altri aspetti: se qualcuno viene a visitare Taranto e vede questa sfilza di immagini non capisce nulla del posizionamento o della collocazione. Oramai i manifesti sono una grande quantità di facce, una frase e un simbolo. Una volta era tutt’altro perché c’erano stili riconoscibili subito per area politica, parole che significavano qualcosa come lavoro, giustizia, libertà, pubblico o privato. Al di là dello stile grafico, servivano a connotare. Ora tutto è venuto meno e Taranto ne è una rappresentazione». Sul visual, osserva il professore, guardando i manifesti «non si ha la minima percezione del percorso politico. L’elemento essenziale è la loro immagine che non è la biografia politica o il programma: elemento centrale è il viso del candidato. Se vogliamo, un’eccezione è Luigi Abbate che punta su quello che ha fatto ma è una storia individuale. Sono completamente assenti i partiti politici, sono nascosti o eliminati. Ricompaiono in parte nei candidati consiglieri».

Smarrimento politico e confusione

Il risultato? Aumenta una sensazione di smarrimento politico per chi deve votare, le tradizionali appartenenze sono del tutto saltate. L’asse una volta era destra-sinistra e veniva rivendicato, ora è completamente annientato. Mancano anche i riferimenti verbali, i simboli sono puramente estetici o ornamentali, nessun riferimento a un progetto. «Per i candidati sindaci - analizza il sociologo - Melucci con lo slogan “il meglio viene adesso” richiama vagamente alla continuità, per certi versi sembrerebbe “abbiamo fatto ma possiamo fare meglio”. Non rivendica pienamente però quanto fatto anzi quasi lo attenua. Musillo con “Taranto grande dawero” gioca con la lettera del suo nome e vorrebbe sconfessare cosa dicono gli altri ma anche qui è un po’ stiracchiato. Battista non ha uno slogan in alcuni manifesti, è un’immagine diversa perché è vestito in maniera differente. Manifesto da “potere al popolo”: si fida molto della conoscenza della gente perché anche lui non fa una campagna tematica. Abbate è più netto, è un simbolo preso dal suo elemento programmatico centrale e su quello ha puntato al di là della grafica più o meno rivedibile. Filograna richiama alle partite Iva ma graficamente è pasticciato e non è intuitivo. È un’etichetta poco visibile».

La scelta dei colori

Sull’aspetto cromatico, nessuna grande sorpresa. Novelli racconta le connessioni con cliché abbastanza noti: «Musillo sottofondo blu classico del centrodestra, Melucci ha abbastanza verde che rievoca il centrosinistra - Veltroni puntò parecchio su questo - e l’ambientalismo. Abbate utilizza molto l’arancione coerentemente a esempi di outsider come fu per De Magistris a Napoli: è un colore che si mette fuori dalla tradizionale palette cromatica. Battista va sul sicuro scegliendo i colori rosso e blu della città, Filograna ha un simbolo che mi lascia perplesso perché quei colori sembrano lo scudetto della Ternana: il rosso, il verde e il bianco appena accennato non sono quelli dell’Italia». Infine, una panoramica veloce - non potrebbe essere altrimenti visto il numero esorbitante - sui candidati consiglieri. «Un carosello di facce e frasi generiche. “Taranto merita”, “amore per Taranto”, “un’altra storia”: queste frasi non dicono nulla, è un testo che serve per bilanciare l’immagine ma sono estremamente fragili. Non dicono della loro storia e del loro programma. Una foto mi ha colpito molto, è davvero bella: tra diversi poster, è spuntato il migliore con Enzo Iacchetti e Vittoria Belvedere. Al di là della battuta, è indicativo perché un manifesto di spettacolo si confonde con gli altri politici: a dimostrazione che su quei muri potrebbe esserci chiunque senza una storia, una rivendicazione, un’appartenenza».

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