Il paziente 1 lascia l'ospedale: «Torno alla vita con l'aria di casa e del mio mare»

Il paziente 1 lascia l'ospedale: «Torno alla vita con l'aria di casa e del mio mare»
di Nazareno DINOI
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Venerdì 13 Marzo 2020, 10:18 - Ultimo aggiornamento: 13:30
«Sto molto bene, finalmente posso respirare aria pura di casa mia». Dopo sedici giorni di isolamento in ospedale e due a casa prima del ricovero protetto nel reparto infettivi per la comparsa dei sintomi, il primo pugliese contagiato dal coronavirus, contratto a Codogno, è stato dimesso ed ha potuto così far rientro a Trullo di Mare, piccola frazione marina di Torricella, in provincia di Taranto.
Per la prima volta fa cadere l'anonimato sul suo nome. Si chiama Massimo Mezzolla, ha 43 anni e lavora come carpentiere in una piccola impresa di Torricella, che «non non vede l'ora di riprendermi a lavoro», dice lui, soddisfatto. Ha lasciato da poco il reparto dell'ospedale Moscati di Taranto che dal 26 febbraio scorso è stato la sua prigione.

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«Mi hanno trattato tutti benissimo, sia medici che infermieri e ausiliari, e per questo li ringrazio tutti con una stretta di mano virtuale. Penso ai ragazzi delle pulizie che non so come facessero a lavorare con tutte quelle cose addosso così ingombranti; un ringraziamento particolare ai primi che mi hanno soccorso con l'ambulanza, sono stati bravi e molto gentili».
Per quanto confortevole sia stata la sua permanenza e per quanto cortesi siano stati coloro che lo hanno tenuto in cura, l'aria di casa è sempre un'altra cosa. «Mi mancava l'aria del mare dice -; mi mancava l'aria di casa mia; anche se dovrò stare ancora in quarantena, mi consolerà questa meravigliosa aria pulita». Inevitabile, poi, il pensiero alla moglie che, contagiata da lui, è ancora ricoverata nella rianimazione dello stesso ospedale Moscati. «Povera, ne avrà ancora per una decina di giorni ma sta migliorando lentamente», afferma Mezzolla che oltre alla moglie ha contagiato anche il fratello e una nipote, entrambi al momento senza sintomi.
Il quarantatreenne ha voglia di parlare per rifarsi di tutte le ore vissute in solitudine quando l'unico contatto con l'esterno era assicurato dallo smartphone e dai social. «Vorrei dare un messaggio di speranza per tutti, vorrei dire che andrà tutto bene, che dobbiamo essere pazienti perché quando sarà passato saremo tutti più consapevoli e più forti nell'affrontare le difficoltà della vita con la giusta attenzione; ce la faremo, ne sono certo». La gioia di tornare a casa non basta però a cancellare le amarezze di questa sua esperienza. «Ho ricevuto minacce sui social dove mi hanno dipinto come l'untore della Puglia quando la verità è che sono stato l'unico a rispettare un protocollo che ancora non era in vigore nella nostra regione».
Il tono del carpentiere diventa più cupo. «La gente mi ha massacrato senza conoscere i fatti, sono sicuro che se avessero potuto mi avrebbero ammazzato non solo nella vita virtuale ma anche fisicamente». In effetti sui social è accaduto di tutto. «Le minacce sono state tante dice Mezzolla -, sia a me che alla mia famiglia. E ora che la verità si conosce, invito tutti a meditare perché oggi il dito è stato puntato contro di me, domani potrebbe accadere a chiunque la stessa cosa». Alcuni, pochi per la verità, si sono anche scusati con lui. «Non so che farmene delle scuse di molti», afferma il torricellese, che fa poi un paragone di natura geografica: «In questi giorni in cui ho pensato molto a ciò che mi stava accadendo, mi chiedevo perché il trattamento ostile che mi è stato riservato per essere stato il primo contagiato pugliese, non è stato uguale per il primo contagiato di Codogno?». Un interrogativo che rimane senza risposta perché ora Massimo Mezzolla, ritornato alla vita, deve pensare a riprendersi pensando al giorno che anche la moglie tornerà a casa.
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