Buccoliero: «È terza ondata, Taranto a rischio Ma occorre il buon senso della gente»

Buccoliero: «È terza ondata, Taranto a rischio Ma occorre il buon senso della gente»
di Lucia J. IAIA
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Lunedì 8 Marzo 2021, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 08:47

A fine novembre, il direttore dell'unità operativa malattie infettive del Moscati di Taranto, Giovanni Buccoliero, in una intervista a Quotidiano, aveva già ampiamente previsto quanto sta accadendo in questi giorni, soprattutto in termini d'impennata nei contagi.


Lei ritiene che sia scoppiato un caso Taranto?
«Ma anche Bari. Il problema principale è che, mentre nella seconda ondata abbiamo pian piano registrato un decremento dei contagi, ora invece siamo di fronte ad un'inversione di marcia. È chiaro che l'arrivo della variante inglese, in particolare nel versante occidentale della provincia, abbia determinato un repentino aumento dei positivi».
Siamo dunque, in quella che viene definita terza ondata?
«Ritengo che questo possa esserne l'inizio ed i picchi dei giorni scorsi, lo dimostrano. In ogni caso, occorre evidenziare che si tratta di un avanzamento coerente con l'andamento epidemico».
In altre parole, ve lo aspettavate?
«Sì, anche se questa variante ha notevolmente accelerato la diffusione del contagio. Intanto però, la rete ospedaliera si è notevolmente rafforzata e allo stesso tempo, la campagna vaccinale è partita. Ora abbiamo quest'arma in più, ma dobbiamo lavorare tutti nella stessa direzione».
Cosa intende dire?
«È indispensabile che vi sia sinergia e collaborazione tra le parti in causa. Se ognuno agisce per conto proprio, diventa difficile uscirne. Mi riferisco soprattutto alla collettività, la cui collaborazione rappresenta un perno fondamentale. La prevenzione e l'adozione di atteggiamenti responsabili fanno davvero la differenza. A questo, si aggiungono la rete ospedaliera, il supporto della medicina territoriale e nel caso, gli interventi mirati laddove vi siano dei focolai».
A proposito di collettività, ha visto le tante immagini di assembramenti?
«Sì e sono sconcertato. È inaccettabile. Le nostre forze non sono inesauribili, abbiamo bisogno di collaborazione ed è fondamentale darsi una mano a vicenda in attesa di tempi migliori».
Nota nei confronti della sua categoria sentimenti d'insofferenza rispetto ai toni d'esaltazione di marzo?
(sorride) «Sì, eravamo dei eroi. Forse, hanno esagerato nel definirci tali. Svolgiamo soltanto il nostro lavoro e capisco che, passata l'onda emotiva, ci sia un atteggiamento un po' più realistico. In ogni caso, si respira ancora fiducia e consapevolezza che vi sia da parte nostra il massimo impegno per venire fuori da questo problema. Noi non molliamo, sicuramente. Però, ripeto, occorre collaborazione».
Avete riscontrato un peggioramento dello stato di salute di chi arriva in ospedale in queste settimane?
«No, il virus è sempre lo stesso nel senso che la sua pericolosità rimane. Di sicuro, dobbiamo evidenziare che le nuove varianti circolano davvero velocemente e ciò significa che in breve tempo, può aumentare il numero dei pazienti gravi. Si ha dunque, la percezione che l'infezione sia diventata più aggressiva, ma l'ospedalizzazione dei pazienti è soltanto direttamente proporzionale con il maggiore livello di contagiosità».
Dunque, si teme una pressione sugli ospedali?
«Siamo in linea con quanto avvenuto nei mesi scorsi, ma il rischio è sempre dietro l'angolo. Se la terza ondata dovesse entrare nel vivo, ritengo che si possa entrare in affanno. Al momento però, la situazione è gestibile, sotto controllo. Diventa però molto importante circostanziare le zone dove la diffusione è alta».
Lei crede che sarebbero utili dei mini lockdown nelle aree maggiormente a rischio?
«La vita deve andare avanti, così come tutte le attività economiche. Non possiamo pretendere misure restrittive che coinvolgono inutilmente anche zone in cui vi sono pochi casi. Occorrono invece interventi mirati, altrimenti si rischia di creare ulteriori danni. Grazie all'arma del vaccino, alla capacità operativa degli ospedali, all'esperienza accumulata e alla collaborazione collettiva riusciremo a gestire l'epidemia. Responsabilità e fiducia devono essere alla base della strategia».
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