“Come nel più inconcludente gioco dell’oca. Venghino signori, venghino. Nuovo giro nuova corsa”. I consiglieri regionali pugliesi di Azione, Fabiano Amati, Sergio Clemente, Ruggiero Mennea, e il responsabile regionale di Azione del Dipartimento Acqua e depurazione, Nicola Di Donna, bocciano l’idea - emersa al tavolo ministeriale sull’ex Ilva - di un dissalatore offshore per la fabbrica di Taranto.
E Federmanager, che rappresenta i dirigenti di azienda, chiede sia siano affrontati “al più presto i temi concreti” con una fabbrica che recupera “nel breve la sua capacità produttiva. Resta determinante l’assetto societario e la sua capacità ed autonomia di reazione nel breve termine”. Perchè, avverte Federmanager, “il ricorso ad iniezioni di liquidità dalla parte pubblica per sostenere la fabbrica non può più essere tollerato sia nelle forme dirette di apporto di capitali, che di quelle indirette come il massiccio ricorso alla cassa integrazione per periodi lunghissimi”.
L'affondo di Azione
I consiglieri regionali di Azione evidenziano che lo scopo del risparmio idrico era contenuto nell’autorizzazione ambientale e rammentano che il “vecchio progetto di rifunzionalizzazione del Gennarini-Bellavista” per l’ex Ilva fu cambiato dal M5S, col Governo Conte II, col dissalatore. “A febbraio 2021 - prosegue Azione - era tutto pronto, così fu riferito in commissione Bilancio da Aqp e Asset, mancava solo un piccolo dettaglio: il dissalatore doveva essere fatto con la collaborazione dell’ex Ilva, ma gli amministratori non ne sapevano nulla. Oggi dopo due anni, non c’è traccia del dissalatore, la fabbrica utilizza l’acqua del Sinni e la diga Pappadai è inutilizzata. Una cosa tristissima anche a dirla”.
Adesso però, rileva Azione, “c’è un colpo di scena. Si sente dire che si faranno grandi cose - le cose nella malattia dell’annuncite sono sempre grandi - per vendicare il passato.
Le critiche di Federmanager
Tornando invece allo specifico del siderurgico, Federmanager commenta il rifacimento dell’altoforno 5, fermo dal 2015, una produzione di 4 milioni di tonnellate per il 2023 e di 5 milioni di tonnellate per il 2024, la realizzazione di impianti di minerale preridotto (Dri) sia per l’uso futuro negli impianti tarantini che per le necessità degli acciaierie private con forni elettrici e osserva che “il rifacimento dell’altoforno 5 è un enorme investimento per il quale non si può prevedere una tempistica realizzativa inferiore a 3 anni. Comunque è una realizzazione in controtendenza ad un diverso modo di fare acciaio”.
“I ritorni produttivi si evidenzia - si avranno non prima del 2027”. Bene, invece, impianti per il preridotto, forni elettrici, rigassificatore e dissalatore, per gas e acqua al siderurgico, sottolinea Federmanager, ma “resta critico il nodo delle produzioni negli anni 2023-2024-2025-2026 dove non è chiaro ciò che avverrà negli assetti impiantistici, che purtroppo resteranno a livelli di criticità per il personale in cassa integrazione e soprattutto per la redditività della fabbrica”. “Le esperienze di questi ultimi anni - è la conclusione - non sono certamente un esempio di una corretta sostenibilità della fabbrica la cui gestione ha fallito gli obiettivi produttivi creando crisi di liquidità”.