Depistaggio sulle indagini Eni? Indagato il procuratore Capristo

Depistaggio sulle indagini Eni? Indagato il procuratore Capristo
di Francesco CASULA
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Mercoledì 3 Luglio 2019, 07:56
Deve difendersi dall'accusa di abuso d'ufficio Carlo Maria Capristo, procuratore della Repubblica di Taranto indagato dai colleghi magistrati di Messina nell'inchiesta sul sistema Siracusa, una presunta organizzazione che secondo l'accusa era in grado di pilotare le decisioni del Consiglio di Stato, ma anche di aggiustare le richieste provenienti da magistrati e politici.

I fatti che coinvolgono il capo degli inquirenti tarantini riguardano il periodo in cui Capristo era procuratore di Trani. Nel capoluogo pugliese era infatti giunto uno degli esposti anonimi redatti dall'avvocato siciliano Piero Amara per mettere in piedi una sorta di depistaggio delle indagini sull'Eni per le presunte tangenti versate dal colosso petrolifero in Nigeria. Per i giudici messinesi, Capristo avrebbe inviato l'esposto anonimo non ai colleghi di Milano, competenti su quella vicenda, ma a Siracusa dove l'allora pubblico ministero Giancarlo Longo, che ha patteggiato una condanna per corruzione e associazione a delinquere, su input di Giuseppe Amara, fratello di Piero e legale esterno dell'Eni, avrebbe messo in piedi un'indagine priva di qualunque fondamento con il solo scopo di intralciare l'inchiesta milanese in cui è coinvolto anche l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.

Nelle scorse settimane i pm messinesi, che hanno indagato e processato Longo, hanno ascoltato Capristo: il magistrato, alla presenza del suo avvocato, ha fornito la propria versione dei fatti. «Sono stato già interrogato dai colleghi di Messina alcune settimane fa alla presenza del mio difensore ha spiegato all'Ansa poco dopo la pubblicazione della notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati e ho rappresentato loro la correttezza del mio operato» aggiungendo che «nessuno poteva immaginare all'epoca alcun preordinato depistaggio».

A tirarlo nella vicenda è stato proprio Piero Amara con le sue confessioni agli inquirenti. Capristo si è insediato come procuratore di Taranto il 6 maggio 2016 ereditando dal predecessore Franco Sebastio questioni importanti come il processo Ambiente svenduto sulle emissioni velenose dell'ex Ilva. Ed è proprio sull'Ilva che i destini di Capristo e Piero Amara si sono incrociati nuovamente. L'avvocato siciliano, infatti, arriva a Taranto con lo staff legale dei commissari straordinari e partecipa agli incontri con il pool di magistrati guidati proprio da Capristo per costruire una proposta di patteggiamento che avrebbe dovuto consentire alla società gestita dai commissari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi, di uscire dal maxi processo Ambiente svenduto.

L'accordo viene raggiunto nella metà del 2017, ma sarà integralmente bocciato dalla Corte d'assise di Taranto. Un secco no per una pena ritenuta troppo bassa rispetto alla gravità delle accuse. L'accordo tra accusa e difesa prevedeva il pagamento di una sanzione pecuniaria di 3 milioni di euro, 8 mesi di commissariamento giudiziale e 241 milioni di euro di confisca quale profitto del reato da destinare alla bonifica dello stabilimento siderurgico di Taranto, ma per la corte «le pene concordate con i rappresentati della pubblica accusa» sono «sommamente inadeguate e affatto rispondenti a doverosi canoni di proporzionalità rispetto alla estrema gravità dei fatti oggetto di contestazione».
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