Danni alle case dall'ex Ilva di Taranto: rifinanziato il fondo per gli indennizzi ai Tamburi

La città sullo sfondo della fabbrica
La città sullo sfondo della fabbrica
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 22 Dicembre 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 06:46

Un emendamento alla legge di Bilancio 2023 rifinanzia il fondo per indennizzare i proprietari degli immobili del rione Tamburi che, a causa dei danni provocati dall’inquinamento industriale, e segnatamente da quello dell’ex Ilva di Taranto, hanno visto deprezzare il valore di mercato della loro proprietà. 
Firmatario dell’emendamento, approvato nella commissione Bilancio della Camera, è il deputato Dem Ubaldo Pagano, capogruppo nella stessa commissione, che si era già reso promotore della legge istitutiva del risarcimento. 
I proprietari interessati sono quelli che hanno visto riconoscersi il danno a seguito di sentenza definitiva o con “provvedimento di insinuazione allo stato passivo della procedura concorsuale” dell’ex Ilva.

Il rifinanziamento

A Quotidiano, Pagano spiega che il rifinanziamento è di 3,5 milioni di euro per il 2023, di 4,5 per il 2024 e di 4,5 per il 2025. La norma precedente aveva previsto indennizzi per 7,5 milioni complessivi distribuiti negli anni 2021 e 2022, ma ai proprietari non è mai giunto un euro. E i primi 5 milioni si sono anche persi in quanto inutilizzati. “Complicazioni, ritardi e, per ultimo, l’atteggiamento sabotatore assunto dal ministro Giancarlo Giorgetti quando era titolare del Mise, hanno vanificato la legge - spiega Pagano -. Adesso si è corsi ai ripari col nuovo provvedimento. Oltre al rifinanziamento, sono stati introdotti dei correttivi. Il primo è che non si terrà più conto del parametro del 20 per cento del valore dell’immobile all’atto della domanda di indennizzo. Calcolare infatti il 20 per cento su un appartamento che ha visto drasticamente erodere il suo valore e che oggi vale poco più di zero, avrebbe significato corrispondere nulla o quasi al cittadino danneggiato». 
«In realtà - spiega a  Quotidiano  Massimo Moretti, che è tra gli avvocati che ha seguito la vicenda dei proprietari che rivendicano il risarcimento - il criterio del 20 per cento poteva forse andar bene per le istanze presentate intorno al 2012-2013. Ma da allora sono passati dieci anni, la situazione è peggiorata e per quelle case c’è stato un ulteriore deprezzamento del 30 per cento. Basta controllare tutte le stime del mercato immobiliare». 
«E allora - prosegue il legale -, d’intesa con i giudici di Milano che si occupano del caso, si è individuato un nuovo criterio valutativo». 

Il tetto a 30mila euro


In sostanza, la misura del risarcimento la stabilisce il giudice ma col tetto a 30mila euro. Inoltre, con l’emendamento in commissione viene meno lo sbarramento che impediva ad un proprietario di più immobili nel quartiere Tamburi di vedersi indennizzato per tutti. Valeva infatti la regola di un solo appartamento da risarcire, che adesso è stata invece cancellata. 
«L’altro aspetto modificato - dichiara Pagano - è che abbiamo previsto un tempo più largo, sei mesi, e non più un mese, per presentare la domanda di indennizzo». 
In extremis Pagano spera ancora che la quota del 2022, pari a 2,5 milioni di euro, possa essere recuperata, anche se molto parzialmente, perché, dice, le pratiche a valle della sentenza definitiva “sono già state istruite e sono pronte”.

Ma l’avvocato Moretti sostiene che «questo non sarà possibile. Perchè è vero che da questo mese è operativo il regolamento della legge, ma per presentare la domanda bisogna attendere un ulteriore provvedimento ministeriale che specifichi come accedere al fondo risarcitorio. A tutt’oggi le modalità non sono state chiarite e non credo proprio che possano esserlo da qui alla fine dell’anno». 

I ritardi sul regolamento


Ed è proprio sul regolamento successivo alla legge che si è accumulato un forte ritardo. Il regolamento doveva essere varato entro 60 giorni dalla norma ed era atteso a luglio 2021. Invece è arrivato all’inizio di questo mese. Proprio l’1 dicembre Pagano, con una dichiarazione, segnalava come “ridicolo che il ministero si prenda 18 mesi per scrivere un decreto mentre ai cittadini che aspettano questi indennizzi vengono dati appena 30 giorni di tempo». 
Pagano, che nelle scorse settimane ha annunciato l’emendamento approvato in queste ore, evidenziava poi «i controlli multipli e ridondanti, del tutto inutili» introdotti col regolamento, «considerato che uno dei requisiti di legge è una sentenza definitiva, un atto col quale lo Stato ha già accertato l’esistenza di un danno». 
Inoltre, circa il risarcimento ammesso solo per un immobile, Pagano lo definiva «un limite del tutto arbitrario, assente nella norma originaria che abbiamo approvato col mio emendamento. È un fatto gravissimo e assolutamente illegittimo. Che un ministro cambi la legge a suo piacimento non è degno di uno Stato di diritto». 
«Il Mise ha ultimato la predisposizione dello schema di decreto che è stato inoltrato al Mef per le verifiche inerenti gli aspetti finanziari e per il concerto previsto dalla norma». Così dichiarava Giorgetti, allora ministro dello Sviluppo economico, ai primi di luglio nel question time al Senato. La legge varata dal Parlamento delegava infatti al Mise le misure attuative. «Prendiamo atto che forse siamo all’ultimo miglio di una vicenda che, pur con tutte le difficoltà ricordate dal ministro, si è prolungata troppo. Speriamo che il concerto del ministero dell’Economia arrivi rapidamente per concretizzare un indennizzo per il quale sono state stanziate le risorse. È passato un anno e le famiglie aspettano quel rimborso»: fu questa la risposta al ministro del senatore Pd Antonio Misiani, che è anche commissario del partito a Taranto. In realtà, però, le cose sono andate diversamente e si è dovuto attendere altri mesi. 

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