I precedenti/ Da Taranto a Trani, da Bari a Lecce: quando le toghe finiscono nella bufera

I precedenti/ Da Taranto a Trani, da Bari a Lecce: quando le toghe finiscono nella bufera
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Lunedì 1 Giugno 2020, 09:57 - Ultimo aggiornamento: 13:42
Toghe nella bufera. Non la prima volta, anche in Puglia. E persino con procedimenti penali ancora in corso o sfociati in condanne, veleni e assoluzioni. Negli ultimi anni le cronache locali raccontano questo. Da Taranto a Bari, da Lecce a Trani.
L'arresto di Capristo. Il caso più recente è proprio delle ultime settimane. Il procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo è stato arrestato (ai domiciliari) dalla Guardia di Finanza lo scorso 19 maggio. Per lui il provvedimento restrittivo è stato firmato dal gip del Tribunale di Potenza su richiesta della procura lucana. L'alto magistrato è finito al centro dell'inchiesta sul presunto tentativo di aggiustare il processo per usura di cui era titolare il pm Silvia Curione, in servizio, all'epoca dei fatti, presso la procura di Trani dove Capristo ha ricoperto il ruolo di procuratore sino a quattro anni fa. Secondo l'accusa, avrebbe spedito dalla pm un poliziotto fidato con la richiesta di pilotare l'esito di quel procedimento in favore di tre imprenditori di Bitonto che avevano innescato l'indagine con la loro denuncia, in realtà archiviata da Curione. Una visita che la magistrata ha denunciato aprendo la strada all'indagine di Potenza. La svolta clamorosa lo scorso 19 maggio con l'arresto di cinque persone, tutte ai domiciliari, tra le quali anche Capristo. Il procuratore sin da subito si è dichiarato estraneo ai fatti, difesa che ha ribadito nei giorni scorsi durante l'interrogatorio di garanzia reso al gip di Potenza. Nel corso del confronto, peraltro, Capristo ha spiegato di aver già presentato richiesta di pensionamento.
Il caso Trani. Avrebbero incassato denaro al fine di pilotare processi: sono entrambi a giudizio a Lecce, sebbene le loro strade processuali si siano divise dopo l'udienza preliminare. L'ex pm di Trani Antonio Savasta ha scelto il rito abbreviato, l'ex gip Michele Nardi, l'ordinario. Per il primo c'è già stata una richiesta di pena pari a 10 anni e 8 mesi e la procura non ha ritenuto di dover computare alcuno sconto per la collaborazione. I due magistrati sono imputati, insieme ad altre persone, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso. I fatti contestati fanno riferimento al periodo tra il 2014 e il 2018. Sotto la lente degli inquirenti sono finite in fase di indagine numerose cessioni di denaro, anche milionarie, finalizzate a modificare l'esito di procedimenti penali.
Favori e giustizia a Lecce. Emilio Arnesano, pubblico ministero della Procura di Lecce, venne arrestato il 6 dicembre di due anni fa con l'accusa di corruzione in atti giudiziari ed altro. L'inchiesta della Procura di Potenza è arrivata in pochi mesi a dibattimento. Giunto per due volte alla soglia della discussione, l'accusa ha ottenuto l'accoglimento di nuove accuse. Due i filoni riguardanti l'ormai ex pm della Procura di Lecce ed entrambi vertono sulla contestazione di avere rinunciato al dovere del magistrato di astrarsi da interessi personali nella trattazione di un fascicolo o di un processo: ci sono i favori di natura sessuale. E di natura materiale. Nei primi avrebbe concesso archiviazioni o comunque trattamenti di favori a giovani avvocatesse in cambio di appuntamenti riservati. Il secondo riguarda il rapporto con la Asl ed alcuni primari: le due battute di caccia al capriolo in una riserva di Potenza, per archiviare l'inchiesta sulla piscina abusiva costruita da un medico nella sua villa di Gallipoli. La barca comprata da un primario ad un prezzo di convenienza (circostanza in realtà che ha traballato nel processo a fronte di una perizia di parte) per chiedere l'assoluzione dell'ex direttore generale della Asl nel processo in cui rispondeva di peculato d'uso dell'auto blu. Ed ancora, un occhio di riguardo per un medico indagato, per ottenere un appuntamento in uno studio specialistico per un suo parente.
Le vicende baresi. Nel 2018 Antonio Laudati, nel frattempo passato alla Dna, è stato assolto da ogni accusa ma prima, da procuratore capo di Bari, ha dovuto difendersi dall'accusa che gli mosse la Procura di Lecce: abuso d'ufficio e favoreggiamento personale per «aver rallentato l'inchiesta» della procura barese che guidava sulle escort portate tra il 2008 e il 2009 dall'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini nelle residenze dell'allora premier Silvio Berlusconi. Entrambe le ipotesi di reato caddero sia in primo che in secondo grado. Una bufera, in quel periodo, travolse l'intera Procura di Bari: in sostanza, Laudati veniva accusato di essere stato promosso a capo degli uffici inquirenti baresi con il compito di insabbiare l'inchiesta. Più o meno nello stesso periodo, nel 2013, sempre la Procura di Bari e il Tribunale furono scossi da un'altra vicenda: due pm, Desiree Digeronimo e Francesco Bretone, in una lettera inviata ai capi degli uffici all'indomani dell'assoluzione del governatore Nichi Vendola insinuavano l'esistenza di un rapporto di amicizia tra il gup Susanna De Felice e la sorella del presidente Patrizia Vendola: De Felice, in seguito, fu assolta da ogni accusa, la Procura di Lecce archiviò il caso.
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