Addio a Rossana Di Bello, uccisa dal Covid: influente, visionaria e grande lottatrice. Archiviò l'era Cito

Addio a Rossana Di Bello, uccisa dal Covid: influente, visionaria e grande lottatrice. Archiviò l'era Cito
di Michele MONTEMURRO
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Domenica 11 Aprile 2021, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 11:17

Rossana Di Bello per la politica, come Anna Fougez per lo spettacolo e Jole Veneziani per la moda. Taranto, senza ombra di dubbio, perde la donna più influente che abbia avuto nell'ultimo mezzo secolo. Intuitiva, visionaria, sognatrice e lottatrice, Rossana Di Bello nel 2001 è il primo sindaco che pone la questione ambientale a Taranto ed impugna un'ordinanza nei confronti dell'Ilva di proprietà della famiglia Riva, quando gli ambientalisti tarantini si contano sul palmo della mano e Greta Thunberg non è ancora nata.

Lo stop all'Ilva


Per la prima volta un primo cittadino ferma il siderurgico attraverso lo stop all'attività delle batterie, ritenute particolarmente inquinanti dopo che l'azienda non ha provveduto ad ottemperare ai rilievi mossi dal Comune. Una decisione per l'epoca clamorosa perché il capo dell'amministrazione comunale intende tutelare la salute di cittadini e lavoratori ma al tempo stesso mette a rischio il lavoro di 15mila dipendenti diretti e di un indotto significativo, molti dei quali tarantini, senza considerare in termini elettorali l'incrinatura dei rapporti sindacali. Taranto conosce la dicotomia tra salute e lavoro al tempo in cui il posto fisso in Ilva è uno status, sinonimo di certezza, famiglia, futuro.

Una vicenda che si chiude anni dopo con la condanna dei Riva e il ritiro come parte civile di Comune, Provincia e Regione in cambio della sottoscrizione di Protocolli d'intesa che oggi appaiono distanti anni luce dal piano di risanamento ambientale.

L'ascesa politica


Rossana politicamente si rivela una vincente e centra una serie di successi. Nel 2000 vince due volte, diventa il primo sindaco donna del capoluogo e manda in soffitta l'eredità di Giancarlo Cito, un'epoca che segna profondamente la città nella seconda metà degli anni novanta. Taranto combatte l'oscurantismo, ridisegna il suo Borgo Umbertino grazie al Piano Urban, si riscopre città estiva e ritorna sotto i riflettori istituzionali quando nel 2001 fa tappa in città il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Nel 2004 le casse del Comune sono allo stremo, i debiti delle passate gestioni si trasformano a breve termine, bisogna far fronte all'ordinaria amministrazione e l'allora vicesindaco e deputato Michele Tucci è in predicato per candidarsi alla presidenza della Provincia nonostante le perplessità di Di Bello. Tucci riesce in tutto: porta a casa il prestito dei Buoni ordinari comunali (Boc) di 240 milioni di euro e riesce a strappare la candidatura. Anni più tardi l'Organismo straordinario di liquidazione insediatosi a seguito del dissesto finanziario fa notare che il default non è stato provocato dai debiti prodotti dalle Giunte Di Bello, ma un'accelerata è stata impressa dall'operazione Boc. Tucci però non è eletto a Palazzo del Governo, dove invece riesce l'allora segretario generale della Cisl Gianni Florido, che con Rossana ha un rapporto di stima reciproca.

La riconferma


Il 2005 è l'anno della riconferma, Di Bello stravince le elezioni al primo turno grazie anche alle intese trasversali con democristiani doc e travolge l'allora candidato di bandiera del centrosinistra, il segretario generale della Cgil Ludovico Vico. Subito dopo quell'elezione si tocca il punto più basso dell'era dibelliana. Con l'obiettivo di blindare la maggioranza, in giunta finiscono figli, genitori e fidanzati di chi è stato eletto in Consiglio ed altri esponenti con profili opinabili. Politicamente si rivela una soluzione azzeccata perché la coalizione di centrodestra gode di ottima salute, ma amministrativamente quelle scelte destano perplessità. L'esperienza precedente, caratterizzata da rimpasti e numerosi desiderata, induce Rossana a ragionare in chiave politica perché l'attendono sfide più impegnative dopo la mancata rielezione di Raffaele Fitto alla presidenza della Regione, come le fa notare Silvio Berlusconi in persona.
Gli avversari - aiutati dal fuoco amico - adottano, dunque, la politica del delenda Carthago: oltre a Cartagine bisogna distruggere politicamente tutto ciò che ruota attorno al primo cittadino. Era il ritornello consueto di Catone il Vecchio in tutti i suoi discorsi, che seguiva la teoria secondo cui i nemici o bisogna renderseli amici o bisogna schiacciarli se le forze lo consentono. Nel caso di Roma la seconda era l'unica soluzione, ma anche nel caso di Taranto. La minoranza, infatti, non si limita a fare opposizione dai banchi del Consiglio comunale ma, spesso e volentieri, si rivolge alla Procura e alla Corte dei Conti. Accuse, però, sempre rispedite al mittente.

Le dimissioni


Nel 2006, per non alimentare «l'ombra del sospetto», Di Bello si dimette dopo una condanna di primo grado poi annullata in Appello. Quindici anni senza politica attiva e senza una condanna, ma sempre presente dietro le quinte. Alle ultime elezioni europee Rossana rifiuta la candidatura in Forza Italia, ma alle scorse regionali secondo rumors se avesse vinto Fitto le avrebbero offerto la poltrona di direttore generale dell'Asl di Taranto: un probabile trampolino verso il parlamento. Una probabile occasione per farsi giudicare anche da chi non l'ha mai condannata.

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