Coronavirus, l'operaio Arcelor Mittal: «Vado a lavorare nel terrore, ho paura per mia moglie: è immunodepressa»

Coronavirus, l'operaio Arcelor Mittal: «Vado a lavorare nel terrore, ho paura per mia moglie: è immunodepressa»
di Alessio PIGNATELLI
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Giovedì 12 Marzo 2020, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 15:16
«Ho una grande paura, vivo nel panico da giorni. Non per me ma per i miei cari. Mia moglie combatte contro un tumore da quasi vent'anni, è immunodepressa ed è segregata in casa insieme ai miei tre figli. In fabbrica sono costretto ad andare, prendo le precauzioni ma è una città nella città. Sono terrorizzato da un dubbio: e se fossi io a contagiarla dal coronavirus?». Francesco è un operaio di ArcelorMittal. Non è il suo vero nome perché ha chiesto la riservatezza e la sua spiegazione è comprensibile: in un momento così delicato, avere problemi dal punto di vista occupazionale sarebbe un'autentica tragedia. Lavora nello stabilimento siderurgico dal 2005, adesso è in reparto Officina. Ha perso la madre e il suocero per due tumori ai polmoni, la moglie invece ha avuto un carcinoma al seno diciotto anni fa. Le è stata asportata la mammella. Solo che quel maledetto male non è passato del tutto e si è ripresentato in maniera subdola attaccandosi alle ossa. È un soggetto a rischio e da diversi giorni è barricata in casa.

«Lo stesso i miei figli e non è stato facile» aggiunge l'operaio. Sì, perché convincere tre ragazzi di 14, 18 e 20 anni a restare a casa il venerdì o il sabato sera è stato complicato. «Hanno capito, però e lo fanno per il bene della propria mamma. Lei è ancora in chemio, ha smesso con la terapia endovenosa ma assume delle compresse. È debole, ha il sistema immunitario più a rischio e io sono terrificato».

Francesco vive in un paese della provincia. Fino a qualche tempo fa, raggiungeva lo stabilimento in pullman ma poi ha preferito sobbarcarsi costi in più e viaggiare da solo con la sua auto. Una volta che marca il tesserino, però, entra inevitabilmente in un'altra realtà.
«Gli spogliatoi all'interno della fabbrica sono enormi. Il mio armadietto è al quarto piano, non prendo più l'ascensore e salgo a piedi per le scale. Quando arrivo spero sempre di non trovare nessuno perché ci cambiamo spalla a spalla, le postazioni sono attaccate. Temporeggio, magari aspetto un po' per rimanere da solo. Nei pullman interni molti indossano la mascherina da lavoro: sono simili a quelle dei chirurghi usa e getta e io la mantengo sul viso anche oltre l'orario di reparto. In Officina, ho un responsabile attento che cerca di farci rispettare le distanze per dove possibile».

«Poi però a mensa - prosegue Francesco - nonostante la diversa turnazione imposta dall'azienda, si creano inevitabilmente degli assembramenti. Anche nei refettori che vengono puliti e sanificati, chi come me preferisce mangiare un panino separato dagli altri si trova comunque in ambienti promiscui. Qui c'è un'intera regione, ricordiamoci che arrivano operai da tutta la Puglia ogni giorno».

Il diario di bordo dell'operaio continua spiegando che nelle fermate bus all'interno del siderurgico spesso si vedono colleghi intenti a chiacchierare tra loro come se nulla fosse: «Non so se sono io particolarmente sensibile oppure se la realtà non è stata ben percepita. Comunque ci sono delle restrizioni e non vengono rispettate le distanze. Io ho paura, tanta». Il vero interrogativo che corrode l'animo di Francesco è uno: cosa succede se si dovesse verificare quell'esigenza di selezione sanitaria di cui ormai diverse autorità accennano? «Mi chiedo: se come dice il governatore Emiliano entro due settimane ci sarà il picco di ricoveri, cosa succederebbe a mia moglie? Mi viene la pelle d'oca solo al pensiero che lei possa essere considerata una persona difficilmente salvabile. A me tocca lavorare per forza e lo faccio con tutte le accortezze del mondo ma è una fabbrica che ospita troppe persone, è impossibile da gestire applicando rigorosamente le prescrizioni governative. In tutto il mondo non si parla di altro, il premier è impegnato in prima persona sulla questione coronavirus e poi sembra che si voglia nascondere la nostra realtà. Ma io come faccio a nascondere questi problemi con mia moglie?».
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