È tutto da rifare nel processo a carico di tre dei quattro ex dirigenti del Consorzio Trasporti Pubblici di Taranto (Ctp), Michele Ciccimarra di 71, Giovanni D’Auria di 46 anni, Cosimo Rochira di 72 anni e Mario De Felice di 64. Per l’accusa di abuso d’ufficio i quattro funzionari erano stati condannati in primo e secondo grado a dieci mesi di reclusione il primo e ad un anno ciascuno gli altri tre.
La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata da De Felice «per non aver commesso il fatto». Senza rinvio ha annullato anche l’esito di condanna nei confronti di D’Auria e Rochira, «perché il fatto non sussiste», limitatamente al capo d’imputazione relativo alla fornitura di carburante senza gara. Annullo con rinvio tutto il resto e quindi per Ciccimarra.
La vicenda
La loro posizione sarà ora materia di discussione della Corte d’appello di Lecce che per i tre imputati dovrà rivedere tutto. Soddisfattissimi di questo esito gli avvocati degli imputati, Michele Rossetti che difende De Felice, Franz Pesare per Ciccimarra, Eligio Curcio in difesa di D’Auria e Rochira e Massimo Moretti per D’Auria e Ciccimarra. Gli imputati, ognuno nei rispettivi ruoli (D’Auria amministratore unico, Rochira direttore generale, De Felice responsabile dell’ufficio approvvigionamenti e Ciccimarra direttore di esercizio), rispondono per fatti risalenti agli anni 2013 e 2014 emersi in seguito ad un esposto di un dipendente dello stesso Ctp, Vito Marinelli, le cui denunce avevano fatto scattare altre inchieste della Procura di Taranto.
L’attività investigativa delegata alle forze dell’ordine portò all’acquisizione della documentazione relativa alle forniture sulle quali gli investigatori ravvisarono alcune anomalie. Sospetti poi inseriti nella relazione trasmessa alla Procura della Repubblica di Taranto che contestò ai vertici del Consorzio il mancato ricorso alla gara d'appalto per l’individuazione del fornitore. Secondo la ricostruzione dell’accusa, gli inquisiti avrebbero autorizzato alcuni contratti senza aver indetto una regolare gara d’appalto per lavori di manutenzione di parti meccaniche ed elettriche dei mezzi di trasporto, per forniture di pezzi di ricambio e di carburante. Questi comportamenti, sostiene ancora l’accusa, avrebbero impedito un possibile risparmio all’azienda costretta a pagare servizi e ricambi a prezzi di mercato non concorrenziali. L’entità complessiva dell’importo di lavori e forniture affidati con questa procedura ritenuta illegittima, sfiorava i 6 milioni euro.
Tutte accuse su cui la suprema corte ha sollevato eccezioni che la Corte d’appello in diversa composizione dovrà rivalutare.