Per le tangenti in Marina 3 condanne e 8 a giudizio

Per le tangenti in Marina 3 condanne e 8 a giudizio
di Francesco CASULA
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Giovedì 26 Settembre 2019, 07:55
È stato condannato a 8 anni di reclusione Roberto La Gioia, ex ufficiale della Marina militare arrestato a marzo 2014 in flagranza di reato mentre intascava una bustarella da un imprenditore. Arriva a distanza di oltre 5 anni la sentenza sul primo filone di indagine che diede inizio alla tangentopoli nella forza armata di Taranto. Una sentenza che accoglie integralmente la richiesta formulata dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone che ha diretto tutti i capitoli di questa sorta di saga giudiziaria. Oltre a La Gioia, il giudice Vilma Gilli ha inflitto 5 anni e 8 mesi di reclusione all'ex direttore di Maricommi Fabrizio Germani e 4 anni e 8 mesi ad Antonio Summa, unico sottufficiale coinvolto nell'inchiesta (tutti difesi dagli avvocati Raffaele Errico, Giampiero Iaia, Alessandra Semeraro e Andrea Silvestre).

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Al termine della preliminare inoltre il giudice Villi ha rinviato a giudizio gli altri imputati: si tratta degli ex vice direttori Marco Boccadamo, Giuseppe Coroneo e Riccardo Di Donna, gli ex comandanti del 4° e 5° reparto Giovanni Cusmano, Alessandro Dore e Giovanni Caso, l'ufficiale in servizio allo Stato Maggiore di Roma Attilio Vecchi e un dipendente civile, Leandro De Benedectis. Per questi ultimi il processo inizierà il prossimo 5 marzo. Per tutti l'accusa a vario titolo e di aver intascato il denaro che gli imprenditori tarantini erano costretti a pagare per ottenere appalti e il regolare pagamento delle fatture da Maricommi, la direzione di Commissariato della Marina a Taranto.

Fu Roberto La Gioia, dopo che i carabinieri ritrovarono alcuni file sul suo computer, a svelare la spartizione delle tangenti descrivendo nel dettaglio il funzionamento del sistema del «dieci per cento», una sorta di tangente fissa sul valore degli appalti aggiudicati. «In particolare spiegò La Gioia con la dicitura D' indicavo il direttore (di Maricommi, ndr), con la V' Vecchi Attilio, che all'epoca lavorava a Roma presso Maristat e dal quale dipendeva l'emissione di modelli C per il finanziamento di lavori, con la dicitura VD' indicavo il vice direttore, con la S' il mio sottoposto Summa Antonio e con la L' l'altro mio sottoposto Leandro de Benedictis, la dicitura IO' indica la somma a me riservata». Il totale della mazzetta era suddiviso secondo criteri precisi: «il 2,5 percento ciascuno al sottoscritto e al vice direttore aveva aggiunto nell'interrogatorio 2 percento a Vecchi, 1,5 percento al direttore e il restante 1,5 percento veniva diviso in parti uguali tra il Summa e il De Benedictis». Dichiarazioni che furono all'epoca deflagranti, dando vita a indagini durate circa due anni e chiusa con tre ondate di arresti.

Ma non c'erano solo mazzette, pure benefit. Penne «Mont Blanc», Ipad, biciclette, lussuose borse da donna e persino tazze di Hello Kitty. Acquisti che uno degli imputati si era fatto consegnare da un imprenditore: dai 3mila euro per un Ipad ai 700 euro per una consolle di giochi, dai 240 euro per due valigette ai 950 euro per una bici. Il lungo elenco ricostruito dai carabinieri conteneva pure 800 euro per una borsa, 250 per un set composto da borsa, portachiavi e mollettoni, 50 per una tazza e una sveglia di Hello Kitty e 450 per dei «bicchieri da caffè con cappuccio».
Ieri c'è stato pure un conto da pagare: il gup infatti ha condannato La Gioia, Germani e Summa a risarcire l'imprenditore che aveva denunciato la vicenda e pure il ministero della Difesa. Sarà un processo civile a stabilire l'ammontare del risarcimento, ma nel frattempo dovranno pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di 60mila euro all'imprenditore e 90mila euro al ministero.
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